La motivazione ufficiale sarebbe un errore nelle carte del ministero. O, per meglio dire, una traduzione dall’italiano al francese inserita nel fascicolo sbagliato. In quello in cui non doveva esserci. Quello dell’estradizione.
Per questo motivo, allora, il 13esimo anniversario della strage dell’Atr 72, l’aereo della compagnia Tuninter che il 6 agosto 2005 da Bari doveva portare a Djerba in Tunisia, ma ammarato non lontano dalle coste di Palermo con tanto di 16 morti (anche un bitontino, non dimentichiamo, il 39enne Enrico Fallacara), è stato amaro. Amarissimo. Per tutti i familiari e i parenti delle vittime, che attendono ancora che i colpevoli facciano effettivamente i conti con la giustizia italiana.
Che si è espressa (definitivamente) più di qualche anno fa. Nel 2013, per essere precisi. Confermando le condanne – sette – per i tecnici e piloti della compagnia aerea, tutti tunisini, con pene fra i 6 anni e 8 mesi e i 5 anni e 8 mesi per i reati di disastro colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose gravissime. E che la causa principale di tutto è stata la sostituzione dell’indicatore del carburante, quindi più piccolo e non adatto per quel tipo di velivolo.
Il problema è che queste sette persone non hanno ancora scontato quello che devono, anche perché la convenzione di cooperazione giudiziaria italo-tunisina non prevede l’estradizione e, per questo, per tutti loro la magistratura siciliana ha emesso mandati di arresto europeo qualora avessero lasciato il suolo africano.
E l’ultima puntata di questa triste storia ha visto come protagonista la Francia, perché ha negato l’estradizione al copilota Kebaier Laasoued, per il quale lo stesso paese transalpino aveva chiesto maggiori informazioni in merito all’Italia. Che però, ha consegnato alcune carte sbagliate e non attaglianti con il caso specifico.
Commenti increduli sono arrivati da Rosanna Albergo Baldacci, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime del disastro aereo di Capo Gallo.