Nolitye ha undici anni e
abita insieme a sua madre nella baraccopoli di Phola, una delle tante township
di Soweto alla periferia di Johannesburg. Di suo padre, scomparso in un
incidente cinque anni prima mentre lavorava in una delle miniere della Città d’Oro,
Nolitye non sa quasi nulla e sua madre non ne vuole mai parlare. Nolitye che ha
da sempre un legame particolare con le pietre (il suo nome significa infatti
Custode della Pietra) un bel giorno trova una pietra magica, uno dei cinque
frammenti di una pietra dotata di grandi poteri e capace di donare saggezza e
conoscenza. E’ a lei che lo spirito della pietra si affida per riunire tutti i
frammenti e ricostituire il suo antico potere che il malvagio Ncitjana e la
strega MaMtonga da sempre vogliono solo per sè. Muovendosi per le strade di una
Soweto magica, dove si aggirano animali parlanti che solo i bambini possono
sentire, insieme ai suoi inseparabili amici Bheki e Quattrocchi e aiutata da
uno spirito ancestrale, Nolitye dovrà superare tante prove per riunire i
frammenti della pietra e liberare i propri genitori tenuti prigionieri
nell’Oltretomba.
La storia di Nolitye e
della sua pietra magica, al di là dell’evidenza dell’elemento magico, in realtà
offre al lettore più di un piano di lettura. La storia infatti non è solo
quella della piccola Nolitye che con coraggio affronta il malvagio Ncitjana per
evitare che il male prenda il sopravvento (storia che trae la propria forza e
suggestione dalle figure archetipiche della fiaba e che, attingendo alla mitologia
di alcune tra le etnie africane, inserisce la storia nel contesto di tradizioni
culturali autoctone), ma è anche quella di una bambina che vive in una baracca
dove non ci sono né luce né acqua (il sogno di Nolitye è quello di vedere
l’acqua scorrere da un rubinetto), senza padre e con una madre che non le da
l’affetto di cui ha bisogno, in uno dei quartieri più poveri della città
avvertita come luogo pericoloso dove i bambini vengono rapiti e non c’è nessuno
che possa difenderli, dove le baracche prendono fuoco nella notte e bisogna
fuggire cercando di salvare le poche cose buone. La storia insomma di
un’infanzia fatta di paura e solitudine, povertà e abbandono. Infine c’è la
township con la sua identità e le sue tradizioni, espressione di un paese che,
finito l’Apartheid, emerge con la ricchezza costituita dalle differenze
culturali di ogni etnia e che condivide e difende i valori della famiglia,
l’importanza dell’istruzione e la speranza di un futuro dove il benessere non
sia appannaggio di pochi. Un romanzo ricco di suggestioni e poesia dove la
magia è legata alle cose semplici della terra (magiche sono le pietre e gli
animali) e la vera saggezza sa rinunciare alla forza e alla violenza vincendo
il nemico con l’astuzia e l’allegria.