L’imprenditore
edile di Bitonto Alessandro Sicolo? “Non ha mai messo a
disposizione di alcuno, né tantomeno del clan Parisi, la propria
ditta, che lavorava da tempo in cantieri nell’hinterland barese”.
Non
sussiste l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, che
aveva portato anche al sequestro della sua azienda.
Così
parlò il Tribunale del Riesame di Bari che, accogliendo
integralmente la richiesta dell’avvocato Massimo Chiusolo, ha
annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere notificata a
Sicolo il 15 marzo, nell’ambito dell’operazione “Do ut des” che
ha messo in manette oltre 25 persone – fra cui il boss di Japigia
Savinuccio Parisi – accusati di mafia ed estorsione ai danni di
imprenditori edili
(http://www.dabitonto.com/cronaca/r/ultim-ora-scacco-matto-al-clan-parisi-ci-sono-bitontini-tra-i-25-finiti-in-manette/8561.htm).
Stando
alla ricostruzione degli inquirenti, l’imprenditore bitontino avrebbe
trasformato la sua società in una tra le più importanti a livello
regionale per la realizzazione di intonaci. L’impresa, inoltre,
sarebbe riuscita ad accapparrarsi un numero incredibilmente alto di
commesse grazie alla “protezione del clan, e la violazione delle
regole della libera concorrenza”.
L’accusa,
però, è crollata davanti al Riesame, secondo cui due appalti
risalenti agli anni 2011 e 2012 sarebbero stati aggiudicati grazie
all’intervento del fratello di Alessandro, “e non già di
esponenti del clan Parisi, ed effettuati dalle maestranze della
impresa Sicolo, che hanno lavorato alacremente sui cantieri”.
Per
Alessandro, dunque, crolla l’accusa principale, ma resta comunque in
carcere per il reato di illecita concorrenza contestato dalla
Direzione distrettuale antimafia di Bari.