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Home » Omicidio stradale: effetto placebo per la collettività o novità legislativa?

Omicidio stradale: effetto placebo per la collettività o novità legislativa?

Avv. Francesco Ruggiero by Avv. Francesco Ruggiero
14 Giugno 2016
in La parola alla difesa, Rubriche
Omicidio stradale: effetto placebo per la collettività o novità legislativa?
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Tra i vari appuntamenti
presenti in agenda sul nostro territorio cittadino, merita senz’altro
attenzione l’iniziativa promossa dalla delegazione Puglia dell’Associazione
Nazionale Comandanti
Polizia Municipale e dai Comandi di Polizia Locale di
Bitonto e Conversano
, tenutasi il 9 e 10 Giugno scorso, in cui si sono
affrontate e analizzate le novità introdotte dalla L. 23 Marzo 2016 n.41 in
tema di omicidio stradale e lesioni personali stradali.

Le autorevoli opinioni
espresse dal Dott. Porta e dal Dott. Carola, hanno indubbiamente tracciato
delle vere e proprie “linee guida” per gli addetti ai lavori, delineando i
confini di operatività della nuova norma.

La ridetta legge, tuttavia, ha
incontrato forti critiche dal mondo delle Toghe, tutte fondate dall’accusa
rivolta all’esecutivo, di aver acquietato la coscienza della collettività con
una norma “manifesto”, atteso il forte allarme sociale che gli omicidi causati
dai pirati della strada, suscitano nella popolazione.

La genesi normativa
deriverebbe da una pressione sociale ormai insostenibile per il Legislatore,
sorretta e puntellata dai media e dagli organi di stampa, facendola apparire
come un calmante per l’ansia collettiva
.

Prima dell’introduzione della
legge de qua, il nostro codice penale
vigente prevedeva espressamente all’Art.589 co. III C.P. la previsione
dell’ipotesi di reato di omicidio colposo, con pena edittale da tre a dieci
anni, in caso di decesso derivante dalla violazione delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale.

Mediante tale norma, infatti,
i “pirati della strada” non rimanevano “impuniti” poichè il fatto era già
previsto come reato (art. 589, 3° comma C.P.) ed era già severamente punito (da
tre a dieci anni), a  cui ben poteva
aggiungersi l’aggravante della previsione dell’evento (art. 61, n. 3) con pena
finale che in casi particolarmente gravi poteva raggiungere gli anni quindici.

Appare opportuno evidenziare,
inoltre, che spesso la giurisprudenza (certo con eccessi assolutamente non
condivisibili) aveva ricondotto il fatto in esame alla previsione dell’omicidio
doloso, con dolo c.d. “eventuale”, comportando una pena edittale da ventuno a
ventiquattro anni di reclusione.

Alla luce di queste brevi
considerazioni, pertanto, risulta agevole constatare come vi fossero gli
strumenti e i mezzi per scoraggiare, mediante la minaccia di severe sanzioni,
un fatto certamente molto grave e socialmente intollerabile.

Dinanzi a tale precisa e
concordante predisposizione normativa, non si comprenderebbe quale sia la
novità della nuova norma al di là dell’aumento dei limiti di pena edittali e
dei tempi di prescrizione.

Al fine di comprendere più
agevolmente l’animo del Legislatore che lo ha condotto fino alla formulazione
della L. 23 Marzo 2016 n. 41, appare opportuno ripercorrere alcuni dei momenti salienti dei lavori preparatori e delle proposte di
legge approdate alle Camere in tema di omicidio stradale.

Prendendo le mosse dal
D.d.L.n.859 e dal comunicato alla Presidenza del Senatore Scilipoti del 20.

06.2013, appare opportuno
evidenziare che tale disegno di legge puntava alla introduzione dell’ipotesi
normativa “Art. 575bis” la quale avrebbe punito chiunque avesse cagionato la
morte poichè postosi alla guida in stato di ebrezza o sotto gli effetti di
sostanze stupefacenti, comportando una pena detentiva da otto a diciotto anni.

In maniera del tutto
simmetrica la proposta puntava all’introduzione dell’Art.”582bis”, introducendo
l’arresto obbligatorio per l’autore del reato di omicidio stradale.

Un analogo progetto di legge,
nello specifico il N.1357, d’iniziativa del Sen. Falanga, appare indispensabile
per comprendere del tutto quali territori giuridici siano stati battuti dal
nostro Legislatore per concepire una adeguata collocazione della fattispecie in
esame.

Nel disegno di legge
richiamato, infatti, il reato di omicidio stradale sarebbe stato introdotto
dall’Art “586 bis”, il quale prevedeva dei limiti edittali di pena da quattro a
dodici anni per coloro che avrebbero cagionato la morte in seguito alla
condotta di guida sotto gli effetti di alcool o sostanze stupefacenti.

La relazione di presentazione
alla Presidenza del Senato è significativa, poiché rende contezza di una serie
di riflessioni su problematiche di inquadramento della fattispecie che, in
altre sedi, non sempre sono state affrontate e superate con chiarezza.

Il documento, infatti, punta i
riflettori sull’atteggiamento psicologico dell’agente il quale non deve
rimanere confinato nella colpa secondo l’ipotesi avanzata dal Sen. Falanga.

La diretta conseguenza,
sarebbe quella di inserire uno specifico delitto modellato sull’Art. 586 C.P.
(morte o lesioni come conseguenza di altro delitto).

Confrontando queste proposte
con quella da cui è nata la Legge n.41 del 2016, è possibile affermare che
durante il complesso e travagliato iter legislativo, le proposte presentate
tendevano ad un obiettivo comune che, peraltro, costituivano l’intendimento
comune sotteso a tutti gli interventi del Legislatore in materia, rappresentato
dall’inasprimento del trattamento sanzionatorio in ossequio ad una supposta
maggior efficacia preventiva e ad una parametrazione della pena ritenuta più
equa.

Non ci si può esimere,
tuttavia, dall’evidenziare che l’introduzione del reato di omicidio stradale,
oggi previsto ex Art. 589 bis C.P., fosse ormai divenuta un simulacro,
un’invocazione sociale condivisa politicamente anche ai fini di una ricerca di
consensi.

Il raggiungimento della
formulazione finale della norma veniva perseguito con modalità differenti ed è
piuttosto interessante notare che le proposte, poi scartate, convergessero
sull’idea di affrontare una revisione dell’elemento psicologico e volitivo del
reato.

Le due proposte di Legge sopra
richiamate, infatti, tendevano a precostituire a livello normativo il giudizio
e la rilevanza di dolo e colpa.

Si trattava di tentativi tesi
a cristallizzare i profili di dolo eventuale e il titolo dell’accollo della
responsabilità per l’evento più grave rispetto a quello voluto.

Lo stesso percorso del
Legislatore, inoltre, aveva evidenziato i predetti aspetti durante i lavori
preparatori a seguito dei quali emergevano forti perplessità sull’introduzione
di una figura di omicidio stradale sorretta dalla previsione espressa di dolo
eventuale, la quale avrebbe comportato un ginepraio di interpretazioni di
merito e giurisprudenziali, inevitabili nel momento in cui il Giudicante
avrebbe, comunque, dovuto operare una valutazione in merito all’elemento
soggettivo dell’agente andandolo a collocare di volta in volta nell’alveo della
colpa o del dolo.

A fronte della necessità, forse
più percepita che reale, dell’introduzione nel codice penale del reato di
omicidio stradale, alla luce di quelle che sono le proposte avanzate, appare
possibile ritenere che il Legislatore abbia optato per la soluzione migliore,
mantenendo l’ipotesi delittuoso nell’alveo della colpa.

Tale soluzione, inoltre,
raccoglieva il consenso anche del presidente dell’Associazione Italiana
Familiari Vittime della Strada, il quale condivideva pienamente l’idea di non
prevedere il ridetto reato quale delitto doloso.

La Legge 23 Marzo 2016 n.41,
sotto il profilo sostanziale, introduce ex
novo
due fattispecie delittuose nel codice penale: l’omicidio stradale ex
Art. 589bis C.P. e le lesioni stradali ex Art. 590bis C.P. che acquistano
autonomia, si affrancano, dalla precedente configurazione giuridica di
aggravanti specifiche ad effetto speciale.

La nuova formulazione,
pertanto, non si limita a mutare nomene posizione delle fattispecie, bensì l’innovazione operata dal legislatore
(condivisa o meno) risulta del tutto di ampio respiro.

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