Ci sono colline, immerse nella campagna toscana, ad un sospiro dal cielo.
Spesso, su quei dolci declivi, aureolata d’incanto sorge una chiesa antica. Dove, se entri con cuore puro, puoi ancora respirare Gesù.
Dunque. Vecchiano è un grazioso comune in terra pisana. Sussurra segreti, scorrendo fra quelle case color tabacco, il fiume Serchio, caro all’affricano Ungà.
Da anni, proprio lì, si tiene un celebre e tanto ambito concorso di poesia: il Premio Nazionale “Santa Maria in Castello”. L’edizione del 2004 vide trionfare la professoressa Maria Antonietta Elia con un sonetto intitolato “Confidarsi a Maria”.
La prof, non nuova a successi di tal prestigio – coppe, targhe e cimeli adornano quel tempio della letteratura che è la sua dimora -, vergò un sonetto alla maniera dei poeti del Trecento fiorentino, dove la solida struttura di quartine e terzine ricorda la saldezza bianca delle chiese di un tempo. Tetragone quaggiù e pur protese verso l’Altissimo.
Di tra i versi, le rime si alternano come le emozioni.
Nella giuria presieduta dall’esimio prof. Salvatore Tibaldi, quella sera l’ospite d’onore era Vincenzo Cerami, pensatore profondo, nel senso che ad ogni frase pronunciata ha sempre fatto corrispondere una meditazione scavante.
Già, perché il versatile scrittore, allievo di Pier Paolo Pasolini, era uno che aveva attraversato gli inferi per arrivare a frequentare gli angeli. Pensate, giovane, era stato persino pugilatore, manco fosse un personaggio di Jack London.
Insomma, la vita la conosceva in tutte le sue intime pieghe. Forse è per questo che la reputava bella, nonostante gli abomini di cui sono capaci gli esseri umani.
A cena, lo sceneggiatore romano folgorò i commensali col suo brio coinvolgente.
“Era davvero un grande, una persona eccezionale. Esuberante come pochi, aveva però quei momenti di silenziosa riflessione, come capita ai poeti. Ricordo che mi disse: “professoressa, lei è troppo timida, deve venire allo scoperto, non deve essere così schiva ed avere pudore del suo talento“.
“Quando ho saputo che era scomparso (il 17 luglio scorso, ndr), ho ripensato a quel giorno per me indimenticabile ed ho voluto dedicargli il componimento – che riportiamo in calce all’articolo – col quale mi aggiudicai quell’importante premio“, quasi si commuove la poetessa.
Eh, sì, ha proprio ragione, cara professoressa.
E’ questo quel che vuol farci intendere.
Vivere ha senso solo se tocchi il cuore di chi incontri…
Confidarsi a Maria
Ho portato fino a Te i miei pensieri
stretti come fiori in una mano
perché non si sperdessero lontano
per aver smarrito io i Tuoi sentieri.
Tu mi facesti cenno di spiegarli
perché sciolti parlassero al Tuo cuore
ed io non esitai a liberarli
da quella stretta fatta con amore.
Si fecero in Tua presenza ariosi
i miei pensieri e si spiegarono
come ali al vento senza timore.
Tanta fiducia allora in Te riposi
che indietro i miei passi ritornarono.
Così io contemplai il Tuo splendore.
Maria Antonietta Elia