Sin dal proprio esordio, i partiti di massa hanno dato un ruolo fondamentale all’informazione per veicolare spunti di riflessione, visioni sulla società e sulla politica, la propria lettura degli avvenimenti storici e dell’attualità. Logica conseguenza è che molti giornali e centri culturali e di ricerca fossero legati strettamente. Soprattutto in un modello di giornalismo, come il nostro, lontano da quello anglosassone che predilige la cronaca al commento, che si rifà a quelle famose 5 “W”, falso mito troppo spesso oggi invocato a sproposito. E soprattutto in un’epoca lontana dall’avvento della televisione e del web che, impegnando l’informazione nell’eterna rincorsa all’aggiornamento, ha finito con il dare meno spazio al commento.
Prima dell’avvento dei media più moderni, il principale mezzo per fare propaganda, per promuovere visioni del mondo, ideologie, per comprendere il presente e per partecipare alla vita democratica, era la stampa cartacea, specialmente con l’avvento delle masse nella vita politica e con la loro graduale alfabetizzazione. La stampa fu la stampella del dibattito politico. Tra i due secoli, ci fu un fiorire di realtà editoriali, in gran parte edite da partiti, associazioni politiche o anche da correnti interne ai partiti. Le grandi ideologie dei partiti di massa si diffondevano con i giornali.
E questo avveniva anche nelle sezioni locali. Lo ricorda, parlando della sua storia nel Psi, l’ex sindaco Emanuele Masciale: «All’epoca, non c’erano tutte le strumentazioni tecniche di oggi. Avere un ciclostile (sistema di stampa meccanico in uso all’epoca, ndr) era grandioso. Poiché non era possibile raggiungere con l’Avanti tutta la pletora dei nostri iscritti e simpatizzanti, sceglievamo argomenti a nostro giudizio importanti e diffondevamo le copie nelle piazze, dove si faceva la politica, specialmente durante i comizi, in modo da raggiungere tutti gli iscritti e i simpatizzanti».
«Tutto si può dire, tranne che, a Bitonto, sia mancata la vis politica che ha contagiato e coinvolto intere generazioni e che si è manifestata attraverso la pubblicistica, dando luogo a iniziative giornalistiche, testate di un certo rilievo, spesso d’avanguardia. Se ciò è molto evidente tra fine ‘800 e inizio ‘900, non altrettanto lo è dalla fine del ‘900 in poi, quando i toni sono andati sempre più smorzandosi e la vis politica, nella carta stampata, legata anche alle ideologie, oltre che a rivalità tra individui, sembra ormai quasi un ricordo» scrisse Stefano Milillo nel volume “La stampa periodica locale dal dopoguerra ai giorni nostri”.
I socialisti, tra ‘800 e ‘900, furono molto attivi, essendo stato, il loro, il primo partito di massa a radicarsi sul territorio nazionale. Già nel 1883, ben 13 anni prima della fondazione dell’Avanti, si diffuse tra i comuni di Bitonto, Grumo, Noicattaro e paesi limitrofi un settimanale omonimo, che vide, tra i collaboratori principali, Giovanni Ancona Martucci, «colui il quale, con Giovanni Colella, sarà uno dei promotori e divulgatori delle idee del socialismo in Terra di Bari», scrisse sempre Milillo.
Prima ancora c’erano stati “La rondine bitontina” edito dal circolo dedicato a Giuseppe Garibaldi e vicino agli ideali di quest’ultimo, e “Il Campidoglio”, vicino alla monarchia sabauda e realizzato dal Circolo Savoia.
Tornando in campo socialista, a fine ‘800 ci furono “Il Vessillo” (1892), “La Lotta” (1897) e “Il Buonsenso” (1894), quest’ultimo diretto dal già citato Giovanni Ancona Martucci, reduce dalla fondazione, a Genova, del Partito Socialista d’Italia. Sempre socialista fu “La Puglia del popolo”, attento alle tematiche della difesa dei diritti dei lavoratori e organo ufficiale della Federazione Socialista Pugliese.
Legato agli anarchici del Circolo “Carlo Cafiero” fu “Pane e Alfabeto”, numero unico che si propose di contribuire ad elevare le masse dallo stato di indigenza culturale e materiale, mentre espressione dei partiti popolari fu “La Verità” (1900). Tornando in campo socialista, abbiamo Spartaco (1902), che, richiamando la figura di colui che guidò la grande ricolta degli schiavi nella Roma del I secolo, si proponeva di dar voce alle classi più umili, e il “Fascio dei Lavoratori” (1903), che faceva proprie le istanze dei fasci siciliani e, ancor prima, dei fasci operai dell’Italia centro-settentrionale, movimenti di ispirazione socialista che puntavano al riscatto delle classi meno abbienti. E, ancora, “La Vespa” (1906), “La Vedetta Bitontina” (1906), “Bitonto in Avvenire” (1909).
Con il venir meno della libertà di stampa, durante il fascismo, tutto questo fermento si interruppe. Come stampa locale di carattere politico, ci fu solamente l’”Otto Febbraio” (1919), quindicinale del Fascio di Combattimento.
Periodo repubblicano. Tra i socialisti ci fu “Area Socialista” (1969), mentre in campo democristiano invece furono stampati “Prospettiva Democratica” (1971) e “Prima Pagina” (1972). I comunisti del Pci, invece, stamparono “Bitonto Democratica 2”.