DI ANGELA ANIELLO “La canzone che non avrei mai scritto” è un romanzo accattivante scritto dalla barese Vanessa Digennaro, laureata in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bari, insegnante e ballerina di danze popolari e pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo nella collana Nuove Voci. Nella suggestiva cornice di Torino nasce un grande amore tra Rossana e Joshua, due personalità apparentemente simbiotiche e forti, in cerca di un sentimento assolutamente viscerale, che poi nel tempo distrugge. Rossana è una ragazza fuori dalle righe, la figlia che, paragonata alla sorella maggiore perfettina, par quasi scomparire, ma con una sensibilità fuori dal comune. Non riesce a vivere solo per se stessa e così spesso va in stazione a far compagnia ai senzatetto ed è lì che conosce Dora, una signora grassa e fuori di testa che la intratteneva con racconti inverosimili e Oscar, un anziano barbone caduto in disgrazia dopo la morte della moglie, della quale le parlava ogni volta. L’autrice attraverso la narrazione di una storia d’amore allarga la sua attenzione al mondo dei fragili, quelli che vivono al di fuori della società e spesso sono guardati con disprezzo come se fossero dei rifiuti umani. “Sono semplicemente la testimonianza di un altro aspetto della società. Più turpe, più bieco, più cattivo, ma che esiste e non si può ignorare”. Rossana si commuove alla vista di questi outsider, forse perché un po’ così si sente anche lei. A volte il passato e le dinamiche familiari affondano dentro lame che destabilizzano e sconcertano, a volte il peso da sostenere è troppo grande e ci si trova a girovagare con i pensieri in un’ambivalenza di personalità ed emozioni. Rimediare la verità della vita è un’urgenza necessaria, giungerci però talora può essere tortuoso e molto doloroso. È quando Rossana scopre che Oscar, il suo amico semplice e fuori dal mondo, è morto che si crea una sorta di alter ego cui raccontare tutto e il romanzo acquista spessore e profondità. Anche Joshua dal canto suo ha un passato difficile ed è cresciuto con la convinzione di dovercela fare da solo, con l’affetto di una madre ribelle e contestatrice, adorabile e affettuosa al contempo. La musica, la poesia viaggiano nel suo cuore e lo spingono a comporre canzoni per una band, gli Albatro, di cui è il frontman. Rossana e Joshua sono entrambi in cammino verso una rinascita, una palingenesi che assomigli in un certo senso alla felicità e simboleggi l’infinito. Il loro incontro è magia e passione, è devozione e smarrimento, è piacere e delusione. Ma davvero la felicità dipende unicamente da un’altra persona? Davvero l’amore è forte e spaventoso allo stesso tempo? A volte la vita sbatte solo in faccia un abisso di nostalgia, tristezza e solitudine, a volte le probabilità sono lettere destinate a distruggere, a volte lo sbaglio è convincersi di qualcosa che così non è. Rossana non si sente mai abbastanza e dipende totalmente da Joshua ma tra i sogni e la realtà manca talora una precisa corrispondenza e il rischio è quello di perdersi totalmente senza più ritrovarsi. L’amore, allora, è dannazione, tortura, lacerazione continua di una mente ondivaga e irrequieta mentre la musica va e crea spazi di luce accecante e impietosa. Le notti profonde e bugiarde per colpa del vino o di qualche pasticca non sono la risposta alle domande che emergono dal silenzio, celano il colore livido e freddo dell’anima e azzardano paragoni impossibili. Il mondo non è solamente diviso fra i primi e gli ultimi, ma contempla anche la presenza dei penultimi, i veri sconfitti, quelli che non sanno eccellere nemmeno nel peggio e giacciono nel fiume della mediocrità senza identità e senza nome. I penultimi sono sconfitti due volte. La musica può provare ad assorbire le nuvole e i malumori ma non ci sono giustificazioni ai demoni che pervadono e snaturano. Capita che si muoia un po’ alla volta e il peggio non è morire ma l’incapacità di accettare ciò che ci accade perché la memoria in tal caso è spietata e spalanca baratri da cui è difficile spostarsi. Arrendersi è una sconfitta e ogni tentativo di perdonarsi è un antidoto alla follia. L’autrice ci fa comprendere che anche un animo malconcio deve darsi una seconda possibilità in una sorta di armistizio con la vita stessa.