Sindacati ed imprese sono certamente due attori “privilegiati” (anche se di privilegio c’è ben poco) nella grande orbita che è la disoccupazione. Entrambi vogliono sbloccare una situazione ben difficile da decifrare e ben ardua da comprendere. Entrambi, non perdendo di vista le rispettive peculiarità, si battono per le sorti dei lavoratori, perchè, nonostante quello che si dice, è il lavoratore che fa muovere l’economia. Karl Marx ringrazia.
Un noto sindacalista bitontino, di cui manteniamo il riserbo per sua volontà, è tranciante quando analizza la disoccupazione all’ombra dell’olivo: «Dire che a Bitonto c’è una situazione difficile è usare parole poco veritiere, perchè purtroppo la situazione è drammatica e davvero disperata».
Questo è soltanto il cappello. Sentiamo il resto. «Il problema non è tanto la disoccupazione giovanile che c’è ed è evidente, ma una situazione che sta emergendo è quella è la “questione capifamiglia”, con gente d a 40 a 50 anni che si trova senza lavoro, con famiglia a carico, e con effetti fortemente immaginabili».
«I settori che una volta erano trainanti, come l’agricoltura, il commercio e l’edilizia sono in affanno. L’agricoltura deve ritrovare dignità, e puntare sulla qualità grazie agli aiuti europei; l’edilizia paga un ritardo infrastrutturale notevole, anche se Bitonto si sta candidando ad essere un nodo ancora più importante con il collegamento aeroportuale. Il commercio, invece, paga il fatto che la gente non spende più. Bitonto fino a 15 anni fa era uno snodo notevole per chi faceva acquisti nel barese. Ora non lo è più», analizza il sindacalista.
Come fare per uscirne fuori?«Il Centro commerciale naturale è una buona soluzione (CCN, ndr) perchè permette agli imprenditori di offrire servizi che si trovano nei grandi ipermercati. Ma accanto a questo è fondamentale pedonalizzare le zone commerciali bitontine come via Repubblica, tutelare l’aspetto del commercio di prossimità, ed iniziare a capire che il sindaco deve essere capofila di un tavolo di crisi che vada nelle sede competenti ed ottenga soluzioni solide per arginare il problema».
Emanuele Napoli, invece, ha un patronato in pieno Centro Storico, la zona più difficile della città. Dalle sue mani passano i redditi di 900 famiglie, ed ammette: «Nella grandissima maggioranza dei casi, la popolazione qui residente è disoccupata, e quei pochi che lavorano lo fanno in aziende fuori dal confine bitontino».
«Da queste parti si stringe la cinghia per vivere un giorno in più- continua Napoli- e molto spesso chi mi chiede la dichiarazione dei redditi non può pagare».
Spaccato di vita “antica”: «La gente è disperata, ma riesco a vedere voglia di sacrificio e voglia di reagire».
C’è la delinquenza, certo, «ma da queste parti non dà fastidio perchè, a parte qualcuno, nessuno è nel mirino dei malviventi. Però è grave che non ci sia il presidio dei vigili urbani». I locali che si aprono «sono uno spiraglio ma vanno allargati in tutta la zona e non soltanto in piazza Cavour». L’ex consigliere ha la sua ricetta: «La gente non vuole grandi cose. Ho avanzato la richiesta di poter ottenere panchine in piazza Cattedrale da dare magari in manutenzione ai residenti della zona, che si possono sentire più responsabilizzati. Chi riceve contributi, come le cooperative, deve dare una mano alla città».
Anche le imprese non se la passano bene. Vorrebbero assumere, ma avere dipendenti ormai è diventato un lusso che pochi si possono permettere. Costo del lavoro elevato, banche che non fanno più prestiti, pubblica amministrazione che non paga (sembra voglia iniziar farlo da domenica scorsa).
Isabella Murgolo, consulente del lavoro e presidente Asso.cal lo sa benissimo: «Bitonto è stato per tanti anni il paese del tessile e dell’edilizia, ma adesso non è lo più». Sentenza.
«Adesso le imprese cercano operai che sappiano lavorare,che sia specializzato, ma deve essere a basso costo perchè contrattuare costa, anche senza aggravi aggiuntivi». Brutta notizia.
La riforma Fornero, poi, non ha aiutato perchè ha tolto tante agevolazioni alle imprese. Più nessun contratto ad inserimento, per esempio, ed aumento tassa contributiva, e dei contratti di collaborazione. C’è la novità dell’apprendistato, ma pochi lo fanno a Bitonto. Anche il contante fino a 1000 euro non è la soluzione, «perchè blocca l’economia».
Rassegnarsi, allora? Secondo la Murgolo la soluzione è «investire nel settore del sociale, perchè con la presenza di sempre più anziani ed una popolazione sempre più vecchia, i servizi per questa gente dovranno aumentare e devono essere garantiti».
«Inventarsi il lavoro può anche andare bene- sottolinea la presidente Assocal- ma se poi devono dar vita a bar uno accanto all’altro non è più positivo».
Il lavoro manca, però ci sono tanti sportelli bancari e agenzia di scommessa. C’è il motivo, ma di questo magari parleremo la prossima volta.