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L’Inchiesta “I giovani e il lavoro”/ Le vite redente di due ragazzi caduti nella rete della malavita

Spaccio, furti in appartamento, estorsione nei negozi, ricettazione. E oggi il lavoro onesto, dopo il carcere

Pasquale Scivittaro by Pasquale Scivittaro
8 Aprile 2013
in Cronaca
L’Inchiesta “I giovani e il lavoro”/ Le vite redente di due ragazzi caduti nella rete della malavita
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Andrea e Filippo sono due ragazzi appena maggiorenni.

Uno ha da poco compiuto 18 anni e da qualche mese lavora al Nord, in un cantiere edile, e torna a Bitonto, quando va bene, un paio di volte ogni mese.

L’altro viaggia verso i 22 anni e da sei mesi ha cominciato a lavorare come elettricista. Sembra la storia di due ragazzi, magari nemmeno tanto vogliosi di “perder tempo” sui libri, come ce ne sono tanti, dappertutto.

Invece Andrea e Filippo (due nomi di fantasia, ndr), hanno già tanto da raccontare. Nonostante l’età verdissima hanno sbagliato molto nella propria vita, ed hanno ripetutamente conosciuto cosa significa essere privati della libertà.

Hanno infatti assaggiato cosa vuol dire vivere in carcere, perché sono entrati nel vortice della criminalità, con la promessa di rapidi e facili guadagni. Per loro, ragazzi senza titoli scolastici, il mondo del lavoro non offre poi nemmeno grandi opportunità ed il passo oltre il filo rosso della legalità ne è stata la conseguenza.

Spaccio, furti in appartamento, estorsione nei negozi, ricettazione. Ne hanno vissute di cotte e di crude.

Hanno deciso di raccontare alla città, attraverso le pagine di questo giornale telematico, l’altra faccia di Bitonto. La vita di chi, per tanti motivi, primo fra tutti appunto l’assenza di lavoro e la mancanza di valori, decide di dedicarsi alla malavita. Una testimonianza unica, che avrebbe avuto certamente un altro valore se fosse stata ascoltata direttamente dalla registrazione, ma che servirà comunque a capire come funziona la corposa macchina criminale e come si muovono tantissimi giovani che preferiscono il lavoro “sporco”, più pericoloso ma senza dubbio più remunerativo, alla legalità di un posto di lavoro difficile da trovare.

Comincia Andrea, il più giovane. “Sono stato arrestato perché per qualche mese, insieme a qualche amico, rubavamo chianche, materiale in rame, termosifoni da diversi appartamenti e, in cambio di soldi che i più grandi ci offrivano, trasportavamo la merce da una parte all’altra”.

“Per gente come me che non ha studiato, che vive in una famiglia povera, non c’è possibilità di lavoro, i soldi fanno gola a tutti e guadagnare tanto senza rischiare poi nemmeno molto ritenevo potesse convenire”, continua Andrea.

“L’esperienza brutta del carcere ha cambiato la mia testa, ho deciso di cercare un lavoro serio che ho trovato lontano da qua – spiega il 18enne -. Non guadagno più i soldi di prima, ne prendo molto meno, ma certamente adesso sono più tranquillo, non vado più in giro di pomeriggio a cercare auto da rubare per ottenere il pizzo, non mi guardo più le spalle con la paura di essere picchiato”.

Filippo, invece, con pochi anni in più, ha avuto decisamente più problemi con la giustizia. Arrestato cinque volte dalle forze dell’ordine, ha vissuto un po’ di tutto.

Dai furti nei negozi, “entravo e dicevo ai proprietari, senza coprirmi il viso e senza armi, che mi servivano soldi e loro, un po’ per paura, un po’ per garantirsi una specie di protezione, aprivano la cassa e mi davano 20, 30, 50 euro”, ai furti con ricettazione di materiale elettrico, rame, attrezzature per i cantieri “che rivendevo insieme agli amici a chi serviva in cambio di parecchi soldi, e riuscivo a prendermi pure fino a 100 euro al giorno”.

“In questi episodi mi son mosso da solo, insieme a pochi altri, come tuttora fanno tantissimi a Bitonto – spiega Filippo – Prima lavoravo, prendevo 150 euro a settimana facendo l’elettricista, ovviamente senza contributi, però mi sono accorto che facendo questa vita riuscivo a prendere più soldi, perché al mondo d’oggi esci con la ragazza, ti vuoi spostare, ti vuoi comprare qualcosa, devi comunque avere denaro sempre per i vestiti, per andare a mangiare, per mettere la benzina, per fare il regalino o per comprare le sigarette”.

Con i furti d’auto e lo spaccio, però, il guadagno si rivela presto maggiore. Ed il tunnel sempre più senza fine. “La notte andavo in giro, puntavo una macchina, la rubavo, andavo a nasconderla e la mattina dopo speravo di ricevere la chiamata per il riscatto. Per una Punto o una Ford Fiesta mi potevo accontentare pure di 2-300 euro, per una Mercedes Classe A ad esempio potevo arrivare massimo a 900 euro. Se la vittima del furto accettava, come accettano quasi tutti a Bitonto, prendevo i soldi e mi ero guadagnato la giornata, se rifiutava avevo due possibilità: o tentavo di vendere i pezzi della macchina, e se mi andava bene guadagnavo pure di più, oppure la bruciavo direttamente”, evidenzia Filippo.

“Ho spacciato anche droga per pochi mesi, poi mi sono accorto subito che non mi piaceva stare in un gruppo e rischiare la vita di continuo. La droga si vende parecchio, perché molti ne fanno uso, dal ragazzo di buona famiglia che spende 10 euro per la marjuana o il fumo, alla persona più ricca che può arrivare a spendere pure 30-40 euro per la dose di cocaina. Grazie allo spaccio son riuscito pure a procurarmi alle volte 500 euro a settimana”, rimarca il 20enne.

Anche per lui la svolta è arrivata con l’ultima detenzione in carcere, un anno fa. “Il carcere è brutto, devi avere rispetto per i più grandi, non devi parlare, devi dare a loro le cose che chiedono – continua -. Io mi ero informato, avevo sentito delle persone, ma quando vai dentro è diverso, devi stare sempre in silenzio, e dopo questa esperienza ho detto basta”.

“Non è stato facile uscire dal gruppo in cui ero entrato ma fortunatamente, essendo ancora un pesce piccolo, un semplice operaio, non ho avuto problemi a cambiare vita – ribadisce -. Ora sto bene, mi son risollevato, ho un lavoro serio, sono tornato a fare l’elettricista, prendo 1000 euro al mese, e posso finalmente andare a testa alta davanti a tutti, anche davanti alla Polizia o ai Carabinieri che prima evitavo come la peste”.

La conclusione è amara: “Io sono riuscito a cambiare, ma tanti altri continuano perché si guadagna bene in maniera veloce. Io sono convinto che se ci offrissero più opportunità di lavoro e ci togliessero dalla strada forse qualcosa potrebbe cambiare“.

Tags: malavita
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