Lavoro. Una parola che porta con sé tante sfaccettature. I padri costituenti l’hanno elevato a fondamento della Repubblica democratica italiana (art. 1 della Costituzione), ma da qualche anno a questa parte non lo è più.
Vuoi per la miriade di contratti (dipendente, subordinato, parasubordinato, co.co.co, co.co.pro, apprendistato, e c’è perfino lo stage), vuoi per le leggi che si sono susseguite negli ultimi anni (legge Biagi e quella Fornero, e la prossima Jobs act), lavoro adesso è diventato sinonimo di precarizzazione (anche dell’esistenza) e di un privilegio che in pochi adesso si possono permettere. Privilegio che porta ad accettare qualsiasi mansione possa portare un po’ di soldini, spesso anche senza il mimino straccio di dignità e di sicurezza.
E di sicurezza sul lavoro (che ha già fatto 11 morti bianche in Puglia nei primi mesi del 2014) si è parlato due sere fa in un convegno organizzato dall’amministrazione comunale con la partecipazione di Cgil e di Asso.c.a.l.
Francesco Fallacara, segretario cittadino della Cgil, non risparmia un’analisi dura e cruda. «Il 1°maggio è diventato il giorno in cui si fanno le disamine negative sullo stato dell’economia, della disoccupazione, e si ricordano le morti bianche – sottolinea l’ex segretario del Partito democratico – e Bitonto paga un prezzo altissimo sulle morti sul lavoro». Le chiamano morti bianche perché causate da colpevoli e cause non identificate, «ma in realtà non è così in quanto ci sono i colpevoli precisi e non sono certamente i lavoratori», arringa Fallacara. Che poi lancia l’allarme: «La maggior parte delle denunce che vengono fatte alla Camera del lavoro di Bitonto riguarda le grandi difficoltà per la tutela dei diritti lavorativi, l’orario di lavoro sempre più allungato, lo stipendio non uguale a quello riportato in busta paga, e il datore che dice al dipendente “tu sei fortunato, perché un lavoro ce l’hai”». Criticando il provvedimento degli 80 euro in più in busta paga promossa dal governo Renzi, Fallacara poi spiega come «manca una idea precisa e a lungo termine per quanto concerne la capacità programmatica in materia di lavoro. La Cgil l’anno scorso ha lanciato un Piano straordinario del lavoro, ma nessuno lo ha colto».
La mancanza di lavoro è anche un dramma sociale, che porta l’individuo alla disperazione e a chiedere aiuto agli enti locali. E Rosa Calò, vicesindaco e assessore comunale al Personale, lo sa bene perché ogni giorno ha a che fare con tristi storie di famiglie senza occupazione e senza dignità. «Il lavoro è diventato un privilegio per pochi ormai – attacca – e purtroppo il Comune non può dare posti fissi e neanche risposte durature, se non limitarsi a quello che è già nella sua competenza (borse lavoro e tirocini formativi, ndr)».
Secondo Michele Urbano, rappresentante della Asso.c.a.l bitontina, «è necessario invertire la rotta a livello culturale, perché oltre all’aspetto sanzionatorio c’è anche quello di prevenzione. Spesso le imprese pensano più ad avere le carte a posto che ai minimi sistemi di sicurezza, ma è necessario che facciano il contrario». Urbano poi rivendica l’importanza del protocollo che i consulenti aziendali del lavoro hanno firmato nei mesi scorsi con l’Università degli studi di Bari (http://www.dabitonto.com/cronaca/r/protocollo-d-intesa-tra-l-universita-di-bari-e-l-associazione-bitontina-asso-c-a-l/2498.htm), e anticipa “Aziende sicure”, l’iniziativa che sarà messa in campo sempre dall’Asso.c.a.l, dal comune di Bitonto e dalla Tecsial nei prossimi mesi sul tema della sicurezza del lavoro.
Per fortuna, però, sentendo i diretti interessati, qualcosa si muove. Alcuni rappresentanti di “We work” e di “Tecsial”, due aziende che si occupano di sicurezza sui posti di lavoro, lanciano un filo di speranza. Perché – pare – nel territorio pugliese ci sarebbe la cultura del lavoro in sicurezza e gli ultimi dati, infatti, parlano di decremento degli infortuni sui luoghi di lavoro.