Lo scorso venerdì, presso il Teatro Tommaso Traetta l’AssociazioneIO SONO MIA, col patrocinio del Comune di Bitonto e con la regia di Elisabetta Tonon e Lorenzo Scaraggi, ha presentato “I monologhi della vagina”. Son monologhi che parlano di donne che
combattono e che sopravvivono alle cicatrici di una violenza. Umorismo e
resistenza si son fusi per trasformare il dolore in sorriso.
Nel 1998 a
New York si istituì la V-Day che
prevedeva un singolo evento e che oggi, invece, ne registra oltre 5.800. Eve Ensler è la donna che ha offerto al
mondo, dal 1994, un nuovo tipo di arte con la sua commedia “I monologhi della Vagina”. Il suo spettacolo con il passare del
tempo è diventato un vero movimento contro la violenza. Ha girato il mondo e
tappa è stata fatta anche al Teatro
Tommaso Traetta grazie all’Associazione IO SONO MIA e alla regia di Elisabetta
Tonon e Lorenzo Scaraggi.
In apertura, la Tononha sottolineato che nel mondo d’oggi c’è più disinibizione nei confronti del
mondo maschile, piuttosto che in quello femminile. Le donne, che vantano la
loro autonomia e il loro essere, in realtà nascondono debolezze riversate
nell’imbarazzo provato nel parlare della propria vagina. Sarà stato l’imbarazzo
o il minimizzare l’intento dello spettacolo a raccogliere solo pochi spettatori
a Teatro. Elisabetta Tonon ha fatto le sue riflessioni irriverenti,
sarcastiche, tenere, scioccanti e divertenti sulle donne e sul loro rapporto con la vagina e il proprio uomo. Per
ogni tema ha riportato un monologo servendosi di video riproduzioni. Diverse
donne son state riprese nel loro monologo e han risposto alle domande di Eve Ensler: “Che cosa indosserebbe la tua vagina se si potesse vestire?” e “che cosa direbbe la tua vagina se potesse
parlare?”. I monologhi han parlato
di amore, violenza, anatomia, ma
soprattutto di emancipazione femminilee individualità. Si son esposte
donne combattive, che sopravvivono alle cicatrici di una violenza. Si è evinto che in qualsiasi fascia d’età manca la
consapevolezza che la propria vagina è il proprio io. Partendo dal rispetto
della propria persona, una donna deve pretenderlo dagli altri e, soprattutto,
dal suo uomo. Deve essere capace di
urlare il proprio dolore per amor proprio. Non deve far diventare se stessa un
tabù. I diritti delle donne vengono
fuori nella loro forma più cruda, addolciti e amalgamati dall’umorismo. «Questo
viaggio nel mondo della vagina, come qualcuno l’avrebbe chiamato, non è – recita
sul palco la protagonista – una cosa che
riguarda le donne. Gli uomini credono di
sapere molto più delle donne, che non hanno, invece, paura di ammettere di non
conoscere neanche tutto di se stesse. Questa serata e questa ricerca sulle
vagine riguardano l’umanità. Finché non capiremo che la violenza sulle donne
appartiene alla cultura che è cresciuta
attorno ad esse, che la legge contro il delitto d’onore è stata tolta solo nel
1981, allora spettacoli come questi saranno delle piacevolissime serate di
cabaret. Quando ero piccola mio padre mi ha violentata davanti a mia madre in
silenzio. Ho scritto questo monologo e l’ho fatto recitare a una sposa, che
sono l’ unica che ha speranze e che crede che ci sia un unico uomo che possa
amarla per sempre».
Dopo la visione dell’ultimo monologo, ha aggiunto : « Fin quando ogni violazione non sarà
pronunciata e ogni ferita condivisa, fino a quando gli strati dei ricordi e
dell’oppressione non saranno svelati e messi a nudo, fino a quando la legge non
sarà al servizio dei più poveri, fino a quando tutti non verranno giudicati
nella stessa misura, fino a quando le donne non si ribelleranno nella
consapevolezza del proprio valore e dei propri diritti, fino a quando non ci
libereremo dalla vergogna, dal senso di colpa, dal dolore, dall’umiliazione e
dalla rabbia, fino a quando i governi non chiederanno perdono e faranno ammenda
insieme a tutti gli uomini, un miliardo di persone nel mondo continuerà a
lottare per ottenere giustizia».
In chiusura di sipario, son stati ringraziati coloro
che hanno contribuito a questo spettacolo: il Sindaco Michele Abbaticchio e il vicesindaco Rosa Calò.