Dalla Procura della Repubblica di Bari alla Corte dei Conti.
Il caso Cerinnon cessa di far parlare di sé.
Dopo l’operazione della Guardia di Finanza culminata con
l’arresto di Giuseppe e Mario Colapinto,
il presunto uso di fondi destinati alla pubblica amministrazione per l’acquisto
di beni privati è finito all’attenzione della magistratura contabile.
La Procura della Corte dei Conti verificherà se ci sia
stata omessa vigilanza e se questa
abbia concorso a determinare un danno alle casse pubbliche.
Secondo quanto riportato sulla Gazzetta del Mezzogiorno, nel corso delle indagini penali un
funzionario dell’Ufficio tributi avrebbe dichiarato che la Cerin rilasciava ai
contribuenti una quietanza sui bollettari preventivamente vidimati dal Comune
stesso, mentre al Comune forniva un rendiconto mensile nel quale era riportato
quanto incassato dai cittadini, senza tuttavia consegnare agli uffici comunali
l’estratto del conto corrente postale dedicato.
Lo stesso funzionario ha ammesso però di non aver mai
riscontrato differenze tra quanto riportato nel rendiconto della Cerin e quanto
versato nelle casse comunali. Il problema quindi potrebbe essere proprio nell’autocertificazione.
Secondo il gip Alessandra Piliego, il controllo sull’operato
della Cerin è stato “quanto mai blando”,
in quanto era delegato allo stesso concessionario e al suo amministratore,
Giuseppe Colapinto. Lo stesso avrebbe potuto dunque “garantirsi spazi di manovra illeciti ai danni del Comune di Bitonto”.
La nostra città sarebbe infatti la più colpita dal “sistema
Cerin”. In tre anni, la differenza tra quanto riscosso e quanto versato
ammonterebbe a più di 3 milioni.
Ma oltre a Bitonto, altri Comuni convenzionati potrebbero
essere rimasti inconsapevoli degli eventuali ammanchi nel riversamento delle
somme incassate dai contribuenti.