Il Movimento 5 Stelle è stato, negli ultimi mesi, il
protagonista delle cronache politiche, dopo che, nelle elezioni del febbraio
scorso, ottenne un risultato mai raggiunto prima e conquistò molti seggi nei
due rami del Parlamento Italiano.
Un risultato che ha portato a Montecitorio il bitontino Francesco Cariello, che proprio in questi giorni ha
annunciato di aver rinunciato alla diaria.
Per conoscere l’ammontare esatto della somma rifiutata abbiamo chiesto al
diretto interessato.
“Le somme prese da un parlamentare si
dividono in indennità e diaria, che per legge sono irrinunciabili, salvo che lo
stesso Parlamento approvi una legge per rinunciarvi. Infine ci sono i rimborsi,
rinunciabili – spiega ai nostri taccuini Cariello – Le indennità ammontano a 10450 € lordi mensili che, sottratti
contributi e tasse, diventano 5246 € netti, da cui vanno ancora sottratte le
addizionali regionali e comunali, che dipendono dal Comune di residenza e dalla
situazione patrimoniale e familiare. La diaria ammonta a 3501 € esentasse e
serve per il vitto e l’alloggio. I rimborsi invece coprono le spese per l’esercizio
delle proprie funzioni: viaggi, spese telefoniche, compensi dei collaboratori e
spese accessorie. Il M5s ha stabilito che l’indennità dei propri parlamentari
deve essere di 5 mila € mensili lordi, che tolte le tasse arrivano a 3200 €
mensili. Tutto ciò ha creato una forte aspettativa nell’opinione pubblica,
tanto che ci siamo proposti di diminuire ulteriormente, fermo restando le
esigenze di ognuno di noi. L’approccio seguito da me è quello di rinunciare agli
oltre 5200 € mensili di rimborsi e incassare l’irrinunciabile, salvo poi restituire
quanto non indispensabile per esercitare le mie funzioni. Un bonifico di 6200
€. Soldi dati nuovamente agli italiani. Possono farlo tutti i 630 deputati. Stiamo
dimostrando che tutto ciò è possibile”.
L’intervista ha fornito al deputato anche l’occasione per discutere del recente
emendamento, discusso in Camera, per destinare queste somme ad un fondo per le
piccole e medie imprese “ossatura
dell’economia italiana”.
“Cifre che
possono sembrare irrisorie, ma che per una piccola impresa potrebbero
permettere assunzioni. Si potrebbe in tal modo cominciare a far girare un po’
di economia”.
“Ci hanno risposto che entro cento giorni
il governo ci penserà. Ci siamo annodati il fazzoletto e ora attendiamo la loro risposta” commenta
Cariello.
Non può mancare un passo indietro nei tempi per analizzare, insieme al nostro
ospite, quelli che forse possiamo considerare i mesi politicamente più turbolenti
degli ultimi anni, a cominciare dall’elezione dei presidenti delle due camere,
che hanno visto nel movimento differenti posizioni e spaccature.
“Nessuna spaccatura, ma dilemmi personali“
precisa Cariello, che accusa le forze concorrenti di essere “squali che si muovono sulla base di accordi
precedenti e fanno leva sull’approccio psicologico di noi gente nuova alla
politica. Ci hanno fatto credere, con premeditazione, che bisognasse scegliere
tra il bene e il male. Schifani non l’avrebbero mai rieletto. La sua
candidatura in antitesi a Pietro Grasso era il chiaro segno che volevano
metterci di fronte a tale scelta. A quel punto l’ingenuità dei nostri ha fatto
sì che, in un’ora soltanto, molti di noi facessero scelte sbagliate. La
questione è stata poi risolta al nostro interno e il gruppo si è ricompattato.
Alla camera invece il problema era minore anche perché siamo numericamente meno
rilevanti”.
E sull’elezione del Presidente della Repubblica, il deputato pentastellato
continua: “Abbiamo scelto il candidato
che l’opinione pubblica ci aveva suggerito. Data la rinuncia dei primi due,
Gino Strada e di Milena Gabanelli, non potevamo che scegliere Rodotà, un uomo
di sinistra, esterno al nostro movimento, che delle regole ha sempre fatto la
sua bandiera. In sei votazioni siamo sempre stati coerenti e compatti nel
sostenerlo, ma il Pd non ha voluto fare una scelta consapevole. Se un uomo del
genere non è riuscito a diventare presidente, vuol dire che siamo arrivati alla
frutta, o, meglio, loro ci sono arrivati”.
E ancora: “Chi ha messo nel piatto il Monte dei Paschi di Siena, chi i processi,
chi le intercettazioni. Da tutto questo calderone ha avuto origine l’accordo
per Napolitano. Noi invece eravamo puri e non ricattabili.
Sulla formazione dell’attuale governo, invece: “Il governo Pd-Pdl era l’unica possibilità che loro avevano per evitare
che al governo andassero persone nuove. E’ una bufala il fatto che il Pd
abbia tentato di creare un governo insieme al M5s. Sin da subito era chiara la strada che volevano intraprendere. Non
sarebbero mai arrivati a votare un programma che renda ineleggibili i
condannati, che riduca i costi della politica per sostenere le imprese e che
stabilisca redditi di cittadinanza. Ne hanno paura. Quello che quei signori
hanno sempre fatto in cinquanta anni di Repubblica è l’aver dato maggior lustro
al governo, piuttosto che al parlamento, come invece prescrive la Costituzione.
Noi vogliamo ritornare a far politica secondo la Costituzione. Fare il governo
non significa per forza guardare alla formazione del Parlamento.
Paradossalmente l’Italia potrebbe essere sempre governata da un governo tecnico.
Anzi dovrebbe, perché bisognerebbe scegliere non tra gente della politica, ma
tra gente dotata delle giuste competenze per attuare le leggi. In questo
consiste il governo a cinque stelle che noi vogliamo”.
“Noi siamo la protezione civile della
politica italiana” aggiunge l’intervistato per spiegare il ruolo del M5s
nello scenario politico italiano. Diciotto mesi è invece la durata del governo
per il grillino, che si qualifica come “rappresentante
degli italiani, con particolare predilezione per la mia circoscrizione, la
Puglia, dunque non solo di Bitonto. Non è concepibile la vecchia politica che
guarda solo ai problemi di Bitonto per tenersi stretto il proprio elettorato.
Naturalmente la città di Bitonto può vedere in me un interlocutore”.
“Ancora nessuna proposta da presentare in
parlamento dai bitontini – rivela – Non
siamo ancora giunti a tale livello di confronto. Noi dell’associazione “Bitonto
in MoVimento” stiamo lavorando a riguardo. Dobbiamo spingere la gente a
partecipare, perché non ci si può solo lamentare. Sto vedendo tuttavia che
molta gente si sta avvicinando. Nei banchetti che organizziamo vedo che diverse
persone la pensano come noi. Si avvicinano più ad un gazebo che ai partiti,
diventati oggi coacervo di poltronieri. Il metodo dei partiti ha dimostrato di
non essere quello giusto a risolvere i problemi della nazione.
Ma cosa è il M5s? Un movimento che realizza davvero la democrazia partecipata o
un modo per dare sfogo al leaderismo di Grillo e Casaleggio?
“La nostra volontà di non strutturarci
come i partiti è l’antidoto giusto ai protagonismi. Chi sta nel movimento può
esprimere le proprie idee liberamente alla stessa stregua degli altri. Non ci
sono Grillo e Casaleggio a dirci ogni volta cosa fare. La loro opinione non è
preponderante. E’ capitato talvolta che il movimento si sia espresso
diversamente. L’assemblea è sempre sovrana”.
Ma assodato il rapporto M5s-Grillo, quale è quello tra Cariello e il comico
genovese?
“Molto critico – ammette il nostro
ospite – Talvolta siamo in linea su
alcuni temi, altre volte no. Le cose che lui ha detto mai nessun politico ha
avuto il coraggio di dirle. Gli riconosco il fatto di aver aperto le menti. Di
lui apprezzo il non aver peli sulla lingua”.
Per concludere, “se la politica avesse
agito bene non ci sarebbe bisogno di noi. Siamo prestati alla politica. E
quando questa sarà in grado di fare il proprio mestiere noi ci ritireremo”.