Sono passati ormai otto anni da quel 6 agosto 2005, giorno in cui un Atr 72 della compagnia “Tuninter”, appena
partito da Bari e diretto a Djerba in Tunisia, ha ammarato poco dopo il decollo
a Capo Gallo, non lontano da Palermo.
Con le tragiche conseguenze che tutti conosciamo.
Tra le 16 vittime della tragedia c’era
anche un bitontino, Enrico Fallacara.
Ventitré, invece, i feriti.
Per tutti loro si è svolta, ieri l’altro,
«una cerimonia per ricordare una giornata nella quale il cuore della città
lacrima per una tragedia gravissima ed evitabile», ha sottolineato il
sindaco di Bari, Michele Emiliano. Che ha poi aggiunto che «questo
è un evento che ti coinvolge, e che ha costruito dei legami che si sono estesi
a tutti coloro che hanno lavorato per accertare la verità».
Sono stati due i momenti della commemorazione: la prima è stata le
messa celebrata nella chiesa di san Sabino, l’altra la cerimonia a parco
Perotti, dove si trova la stele di bronzo dedicata alle vittime.
Presenti anche i parenti delle vittime
ed i rappresentanti dei comuni di Bitonto, Fasano, Modugno, Gioia del
Colle, Crispiano e Canosa di Puglia.
C’era anche Rosanna Albergo
Baldacci, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, che ha
ricordato come «nonostante le rogatorie internazionali, i patti
bilaterali tra l’Italia e la Tunisia, tutt’ora vigenti, l’inchiesta tecnica
dell’Agenzia nazionale della sicurezza del volo, nonostante le condanne, ad
oggi nessuno dei responsabili sta scontando la pena in barba alla giustizia
italiana».
La giornata di
commemorazione, infatti, è stata preceduta dalle roventi polemiche scatenate
proprio dal presidente Albergo Balducci, che nei giorni scorsi ha presentato
un’istanza al ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, ed al
procuratore generale della corte d’appello di Palermo, con la quale ha chiesto
che i colpevoli della tragedia scontino effettivamente la pena.
Nel marzo scorso, infatti, la suprema
corte ha sancito la definitività delle condanne a pene detentive tra i 6
anni e otto mesi e i cinque anni e otto mesi dei sette imputati tunisini (i due
piloti, il direttore generale, il direttore tecnico, gli uomini della manutenzione,
e il meccanico della Tunintair), giudicati responsabili del disastro aereo.
Ma «nonostante le condanne da parte della corte di Cassazione dei
piloti, del direttore generale della Compagnia e di tutta la catena
di comando che, con la loro distrazione, inerzia e imperizia hanno provocato la
caduta dell’aereo, i responsabili, tutti tunisini, mai presenti durante il
processo, ben si guardano dal venire in Italia e, in Tunisia, continuano ad
esercitare il proprio lavoro e mansioni, come se nulla fosse accaduto», ha
evidenziato il presidente.
L’invito rivolto
nell’istanza è quello di attivare tutte le procedure per l’arresto provvisorio,
indi per l’estradizione in Italia, o per l’esecuzione della pena in Tunisia,
nei confronti dei condannati. Il procuratore generale di Palermo ha già
risposto ai legali Amenduni, Persico, Ghiro e D’Astici, assicurando di aver già
predisposto quanto di sua competenza per l’esecuzione della pena.
L’ultima parola spetta ora al Guardasigilli.