Nemo propheta in patria. Per
organizzare l’anteprima nazionale del film Ameluk,
opera d’esordio del regista bitontino Mimmo
Mancini, è stato necessario lo sguardo lungimirante e sensibile del
giornalista barese Giancarlo Visitilli, unitamente all’accoglienza amorevole di
Mola di Bari. Probabilmente, Bitonto non ha braccia abbastanza grandi per
stringere con uguale stima tutti i suoi figli.
L’evento si è svolto giovedì 31 luglio nell’ambito della rassegna Del racconto, il film-Festival di cinema e
letteratura, all’interno del suggestivo castello angioino della città del
sud-est barese. A distanza di un anno, attori, comparse e sostenitori del
progetto si sono ritrovati con occhi curiosi ed emozionati, per guardare il
risultato finale di quei durissimi giorni di lavoro e per urlare un concetto
che deve risuonare chiaro nelle menti di tutti. Vale a dire, basta con quest’idea,
tutta italiana, che per realizzare un sogno sia sempre necessario aggrapparsi
al carro del vincitore. Sogno è soprattutto sinonimo di libertà.
A introdurre il film è stato lo stesso Giancarlo Visitilli, il quale
ha giustificato con parole di stima e apprezzamento i motivi che lo hanno
spinto a scegliere Ameluk.
“Sei stato capace, in Italia, di
far sorridere e riflettere su concetti così importanti”, ha dichiarato il
giornalista barese, rivolgendosi al regista, “credo che nessuno, prima di te, sia riuscito a fare un’operazione
simile sul dramma dell’immigrazione”.
Dal canto suo, Mimmo Mancini ha ricordato come “l’ironia non significhi far ridere insultando, ma sia un’arma vincente
su tutto”. E ha dedicato il film ai recenti scontri tra israeliani e
palestinesi e ai numerosi migranti in fuga dalla guerra, che purtroppo terminano
la loro corsa nel nostro mare crudele.
Difatti, Ameluk sviluppa il
tema dell’integrazione tra culture e religioni diverse, muovendo sul doppio
binario della comicità e della profondità morale, fino a giungere a una sintesi
perfetta. La scena dell’abbraccio tra un ebreo e un mussulmano e la richiesta
finale di perdono sono momenti di indiscussa poesia, che ben s’incastrano in una
trama comica e mai volgare. Sorprende, quindi, constatare come nessun grande distributore
abbia la lungimiranza di comprendere che questo film, in un momento storico
così delicato, “farebbe il botto” d’incassi e di critica.
Ma a questo punto, “bruciata” la possibilità di un’anteprima in loco che avesse anche il sapore del supporto
morale, non resta che tornare a interrogarsi sulle intenzioni di Bitonto e dei
suoi amministratori. Come pensano di sostenere questo film? Sarebbero disposti
a scendere in campo e a promuoverlo, nel caso in cui dovesse uscire in
autonomia grazie a una cordata di esercenti coraggiosi? A tal proposito, queste
parole scritte su facebook dal primo cittadino Michele Abbaticchio lasciano ben
sperare: “Ieri sera una grande Città (si
chiama Bitonto ed io sono onorato di rappresentarla) è stata celebrata
dall’amico Giancarlo Visitilli, mentre parlava di una visita a sorpresa nei
giorni scorsi del Maestro Ozpetek nel nostro centro antico. Speriamo segua
l’esempio di Pippo Mezzapesa e Mimmo Mancini : lungometraggi a Bitonto,
Mariotto e Palombaio”.
Intanto, pare che il film sia stato ammesso al Religion Today Film Festival di Trento, un festival internazionale
e itinerante di cinema delle religioni, che ha lo scopo d’incoraggiare una
cultura della pace e del dialogo tra persone, popoli, fedi e culture. E chissà
che a innamorarsi di Ameluk non sia
lo stesso papa Francesco.