C’è un segreto perché se una delle ultime creature che le tue mani hanno carezzato, ridonandole nuova vita, è quel crocifisso d’argento che risplende sulla parete della camera da letto dei miei genitori.
È stato da sempre, per me, il simbolo della grandezza lucente del dolore.
L’arte – dai capolavori più sublimi agli armadi abbandonati accanto ai cassonetti da risanare con miracolosa, antica opera -, la musica, specie quella suadente sudamericana, la passione politica, quella schietta che oggi quasi non esiste più, e il calcio, vissuto secondo i valori della lealtà e del coraggio, erano la vita di Gianni Castellano, restauratore figlio d’arte e sincero attivista dell’associazione pentastellata Bitonto in MoVimento.
Ci eravamo incrociati qualche mese fa nella zona artigianale, col grande Gianni pronto a battersi perché non venisse installata una proterva antenna per telefonia mobile. Era in trincea, come suo costume, pronto a donare tutto per gli altri.
Gli è che Gianni è stato per anni il mio difensore prediletto. Protagonista di mille, spettacolari “battaglie” di calcio a 5, era la chioccia di una nidiata di pedatori eccelsi – Mimmo, antologia del pallone fatta uomo, Nico, implacabile goleador, Franco, instancabile mediano molto prima che Ligabue cantasse Oriali – che formava lo scheletro della famosa Morandina, la squadra invincibile del quartiere dove erano cresciuti.
Poi, avevano trasferito quella tanto allegra quanto insuperabile compagine su parquet e prati artificiali della città. Dunque, Gianni, che spesso con me giocava, aveva questa caratteristica.
Quando il sottoscritto, mediocrissimo portiere, poco aduso ad abbandonare i pali s’avventurava in sconsiderate uscite, spesso la sfera di cuoio finiva per rotolare beffarda verso la porta sguarnita.
Ed era allora che con disperata forza sbucava la gamba di Gianni, spuntato da chissà dove, a salvare sulla linea bianca.
Ho sperato fino all’ultimo, in questi mesi di strenua lotta contro la “brutta bestia” che crudele ti ha mangiato tutto fuorché l’intelletto, vigile e acuto, che qualcuno o qualcosa la spazzasse lontano con un calcio poderoso.
Poi, mi sono detto: ci voleva un altro Gianni, sempre pronto a donare l’anima agli altri.
E mi sono dato una spiegazione del calvario che hai affrontato in questa ruvida e straziante estate e che, ognora con sofferto amore accanto a te, i tuoi cari hanno visto farsi insormontabile.
Lassù, per sentirsi meno soli, scelgono sempre quelli che somigliano di più agli angeli…
Arrivederci, caro amico Gianni, uomo dal cuore puro.