“È stato terribile. Ho sentito d’improvviso un boato. Poi altri scoppi e, infine, l’inferno“.
Vincenzo Ruggiero era lì, ieri, nel cuore dilaniato della ditta Bruscella di Modugno, la fabbrica di fuochi pirotecnici che ieri per una tragica esplosione si è trasformata in un sepolcro di uomini che stavano lavorando.
Vincenzo non v’è chi non lo conosca, dacché è una istituzione del calcio bitontino.
No, non cercatelo negli annuari fra calciatori, mister e dirigenti.
Eppure, per quasi un decennio, non s’è perso una partita dei leoncelli ed ha contribuito ai loro successi, in mille trasferte a spasso per il meridione d’Italia, ai tempi della serie D.
Martellando sul tamburo, dava ritmo ai cori dei sostenitori più appassionati dei colori neroverdi.
Ruggiero oggi ci parla da superstite di un dramma infinito ed ha un cruccio che è come una lama confitta nell’anima. “È tremendo pensare che ragazzi con cui dividevo la fatica, non li rivedrò mai più“, trema ancora di sgomento la sua voce.
“Fra le macerie ho perduto gli occhiali e i documenti, mi sono procurato una contusione al ginocchio e varie escoriazioni, ma in fondo sto bene“, tira un sospiro di sollievo.
Ma è un attimo, perché, dopo, quasi s’adira: “Quante ignobili menzogne sono state raccontate circa la ricostruzione della dinamica dell’incidente. Dove stavamo lavorando non poteva arrivare alcun mezzo se non una carriola“.