Tra un tag, un post e un tweet la nostra vita rotola via.
Come, ognun lo sa.
Certo, non se la passa bene.
Ma perché qualcuno se ne accorga, è necessario che qualcun altro la osservi.
E invece…
L’io impera ovunque. Onnivoro tiranno.
La tecnologia, che già minacciava di disumanizzare l’uomo ai tempi della prima rivoluzione industriale, alienandolo, oggi lo ha fagocitato.
Chiamasi “selfie” la foto che fai a te stesso, ovunque tu sia.
Dalle Hawaii alla toilette di casa, non c’è posto al mondo che non abbia meritato il fatidico scatto.
Poi, difilato a postare l’istantanea sorridente in trepida attesa dell’agognata pioggia di ‘mi piace’.
Specialisti in questa nuova disciplina (molto poco olimpica), i nostri politici.
Avendo sempre brillato per egotismo – non refuso, ma contemplazione di sé -, sono essi coloro che la praticano ogni volta che corrono su un sito o su un giornale per vedere se c’è una loro dichiarazione convincente, una posa accattivante, anche solo il loro nome, grassettato ovviamente.
E se tutto questo non dovesse essere, anatema sugli incauti responsabili. Mal gliene incolga…
È, codesta, una declinazione morbosa del “selfie“?
Forse, chissà…
Intanto, vanno fatte alcune osservazioni, personali quindi opinabili e criticabili.
La pratica in questione non ha molto a che vedere col narcisismo, nonostante una apparente somiglianza.
Narciso, specchiandosi nella placida onda, si struggeva.
Era l’altro da sé nascosto dentro di sé che lo inquietava, magari innamorandolo dopo averlo lacerato.
Chi si fotografa lo fa mettendo l’obiettivo a distanza di braccio, ergo continua ad ignorare l’altro da sé e persevera nell’autocontemplazione senza distacco alcuno.
Così, assolutizza il suo ego, che gli apparirà ognora eccelso ed infallibile.
Prima conseguenza: non si accorgerà mai di eventuali errori.
Seconda, consequenziale: non rendendosene conto, non chiederà mai scusa.
Così, il processo identitario di una comunità non si svolgerà più come una volta, secondo condivisione di ideali unificanti e visione della città, battaglie civili e codici morali, ma in base a chi riuscirà a mettersi accanto o alle spalle di chi si fotografa per avere l’onore di entrare nel memorabile “selfie“.
E il resto della cittadinanza?
E chi sta dall’altra parte, oltre, al di là? Resta fuori?
Chi ha mille problemi ed altrettanti affanni per cui non ha tempo per slanciarsi dietro quell’iphone pronto a scattare che fa?
Rimane in disparte, tragicamente dimenticato?
Pare di sì.
Troppo poco glamour è apparire col sorriso spento e vestito di pezze in un “selfie“…