Il messaggio di Mons. Francesco Savino, vicepresidente CEI e vescovo Cassano all’Jonio
“Maturità t’avessi preso prima…”
Un intramontabile classico della canzone italiana che ha accompagnato intere generazioni di studenti – la notte prima degli esami –annuncia il compimento di un altro ciclo, la chiusura di un altro cerchio e l’inizio di un nuovo capitolo della vita.
Anche voi, giovani maturandi e maturande, in questi giorni densi di emozioni e di sfide arrivate al traguardo degli esami di maturità ed io sento il bisogno di scrivervi con il cuore pieno di speranza e di incoraggiamento.
Siete alla vigilia di un grande traguardo, forse il primo così importante della vostra vita: uno di quei momenti che segneranno il vostro cammino perché apriranno le porte a molte diverse possibilità.
Lasciatemi dire che si è avverato quel “ce la faremo” che, forse, anche voi avete scritto su un social o su un balcone, durante la pandemia da Covid-19, quella che vi ha rubato la tenerezza degli anni più belli, vi ha sottratto agli sguardi, vi ha impedito le carezze. Proprio a voi è toccato di vivere un tempo non sospeso ma parallelo, in cui avete però imparato l’importanza delle piccole cose, avete apprezzato l’odore del pane fatto in casa e saggiato la noia della cultura da dietro uno schermo. Avete superato anche questa prova ed ora vi attende un’altra, ma sappiate che tutto è una opportunità di crescita. Sono sentimenti di chi, un tempo, ha affrontato la stessa vostra sfida e che ora vi osserva con occhio quasi desideroso di essere al vostro posto, lì in fondo alla fila, vicino alla finestra, proprio dove è possibile scrutare i sogni destinati ad immischiarsi alle nuvole o semplicemente perdersi tra i pensieri durante lo svolgimento di un teorema matematico.
Vorrei stringervi uno per uno e ringraziarvi per quello che siete e per la fiducia che avete riposto in questo mondo un po’ bizzarro che vi abbiamo consegnato. Non temete le difficoltà di questo esame perché sono come l’argilla: servono a plasmare le vostre identità, a definirne i contorni di senso.
Sappiate però una cosa: abbiamo urgente bisogno di voi e delle vostre belle aspirazioni. Ricordatevi che il sapere non è qualcosa di fine a se stesso ma un mezzo per rendere le società più giuste, più umane e più fraterne. Le vostre spinte, che hanno animato spesso le manifestazioni a favore degli ultimi e degli indifesi, mi hanno fatto credere che siete già sulla buona strada.
Non scoraggiatevi, dunque, fronte alle incertezze del domani ma, come direbbe Ligabue, “urlate contro il cielo” e siate affamati di verità e mai sazi di giustizia.
Abbiamo bisogno di poeti, di sognatori, di artigiani, di cantanti, di attori, di medici, scrittori ed ingegneri e di tutte quelle anime che con il loro lavoro, con le loro mani e con il loro cuore, rendono grazie alla vita e la arricchiscono in dignità e coraggio. Ricordate che non è un voto di maturità a definire il vostro valore per quanto la società ci faccia credere, spesso, che dietro un giudizio risieda l’ultima parola su di noi. Affidate l’ultima parola su voi stessi solo all’amore ed alla passione con cui deciderete di vivere il vostro tempo. Solo una vita senza amore è davvero sprecata e voi avete il compito, invece, di essere quelli che Elena Granata chiama “PLACE MAKER”: “un musicista che suona senza spartito, un rapper che sovrascrive parole su parole, suoni su musiche di altri, un architetto che reinventa i luoghi partendo dall’esistente”. Questo vi auguro, di avvertire quella tensione continua e brulicante che vi faccia ricucire le periferie, ripristinare l’ecosistema e progettare soluzioni per cui riusciate a reinventare spazi perfino nei luoghi abbandonati, e dell’anima e del mondo.
Abbiate sogni forti e abbastanza cassetti per contenerli, vi accompagni la speranza, quella che cammina sulle vostre gambe ed è in grado di sorreggere enormi pesi. Possa il vostro cuore, con la maturità dell’anima raggiunta, indicarvi la strada della vostra vocazione. Non cedete alle cose semplici ma non abbiate paura di quelle difficili perché la vocazione che è in ognuno di voi è come un uovo alla schiusa: contiene la vita nella sua forma più fragile.
In ultimo, vorrei affidarvi un compito: lasciate il mondo un po’ migliore di come lo avete trovato e, se possibile, perdonateci per tutte quelle volte che vi abbiamo dato in eredità una cattiva testimonianza.
“Fate ciò che la primavera fa’ ai ciliegi”: fiorite e rifiorite aspettando la vostra migliore stagione. Io sarò sempre al vostro fianco.
“Buona matura età”.