Vetusta struttura produttiva situata in agro bitontino sull’antica via “Paternum”, immersa tra gli arbusti della contrada “Pezza del Sacramento”, risale presumibilmente al XIII secolo. Caratterizzata da due spaziosi locali adiacenti di pianta rettangolare con volte a sesto acuto, presenta un massiccio paramento murario costruito con la tradizionale tecnica delle “pietre a secco” messe in opera a corsi regolari e tetto spiovente ricoperto dalle classiche chiancarelle. Entrambi i locali presentano un grande ingresso incorniciato da stipiti in pietra. Il primo, adibito presumibilmente a deposito è privo di copertura, andata distrutta nel tempo, mentre il secondo in perfetto stato di conservazione costituisce il tappeto vero e proprio, all’interno del quale vi erano gli ordigni per macinare le olive, tra cui la macina ed i torchi. Quest’ultimo ambiente molto ampio presenta tutt’intorno sette grandi finestroni dai quali è garantita un abbondante illuminazione interna. Il grande complesso, dotato di una capiente pescara con vera coperta dalla pesante chianca con foro centrale circolare, in passato era racchiuso in alte mura, attualmente in parte crollate, sulle quali si apriva un grande portale sormontato dallo stemma araldico della nobile famiglia Rogadeo, originari di Ravello e giunti a Bitonto nel 1204. In questa zona, secondo l’elenco di “Frater Angelus”, sorgeva l’antico casale denominato “Tarpetum”, toponimo certamente derivante da “Trapetum”, nome di una mola olearia di origine classica. Infatti tutt’intorno sorgevano altri complessi produttivi tra cui il tappeto “Imbore”, “di Bovio”, “del Feudo”, “dei Filieri”, “del Quorchio”, testimoni di una grande attività produttiva olearia. Nella stessa zona, vi era anche la vetusta chiesetta di Santa Susanna, punto di riferimento spirituale per le genti di campagna ed i trappitari. La chiesetta, oggi purtroppo scomparsa, è citata in molti documenti tra cui l’apprezzo dei beni degli ecclesiastici (1523), in un atto del notaio Vito Madio (1553), e nel “libro dei rimedi” da cui risulta beneficiario Antonio de Galasso. Nel 1400 e maggiormente nel 1500 la produzione dell’olio di oliva era estesa in tutto il meridione e specialmente in Puglia, in particolar modo a Bitonto, dove vi erano ben 300 frantoi disseminati nell’agro. Queste antiche strutture produttive rappresentavano non solo la fondamentale risorsa economica dell’antica provincia della Terra di Bari e della Terra d’Otranto, ma anche una delle principali fonti di ricchezza finanziaria del regno di Napoli attraverso le imposizioni fiscali sull’esportazione dell’olio. Attualmente il tappeto di “Patierno”, se pur abbandonato a se stesso come per la stragrande maggioranza delle altre strutture architettoniche rurali bitontine, conserva la sua monumentale imponenza.