DI MARIANGELA BRANCALE La parola “spatriati” allude alla lontananza dalla propria patria, ma anche, se non soprattutto, alla lontananza da una presunta “regolarità”. Spatriati sono tutti coloro che facciamo fatica ad incasellare all’interno di categorie ben definite, coloro che sfuggono alle cristallizzazioni convenzionali, coloro che sono irrisolti. Francesco Veleno e Claudia Fanelli sono appunto Spatriati, ultimo romanzo dello scrittore pugliese Mario Desiati, pubblicato per i tipi di Einaudi e vincitore del prestigioso Premio Strega. A raccontare la storia in prima persona è Francesco. Il loro destino è legato ad un adulterio, quello consumato da Elisa Fortuna, madre di Francesco, ed Enrico Fanelli, padre di Claudia. Claudia ha avuto il coraggio di affrancarsi con netta determinazione dalla sua terra, (ma forse neppure per lei sarà facile sradicarsi davvero), Francesco non ha retto ed è tornato. Spatriato è anche il loro rapporto che sfugge a qualsiasi definizione. È amicizia? È amore? È sesso? È scontro? È incomprensione? È legame indissolubile? Sì, è tutto questo, ma è anche tanto altro. I due si conoscono poco più che adolescenti e crescono insieme, ma a ritmi diversi. Claudia rincorre la sua irregolarità, apparentemente appagata da essa; sembra che voglia continuamente mettere alla prova sé stessa, sfidando le convenzioni, divertendosi a disorientare Frank, come lo chiama lei; Francesco, inizialmente turbato ma anche affascinato da Claudia, non riesce a correre libero come lei, frustrato nella sua inadeguatezza. La comunicazione tra loro è fatta di silenziose intese, di sguardi, di gesti, di poesia, di parole non dette. E in effetti, soprattutto nei primi momenti del loro rapporto, la comunicazione verbale non sembra facile. Francesco spesso non riceve risposte da Claudia ed è costretto a seguirla nei suoi improvvisi cambi di direzione. Poi impara a riconoscere la sua “irregolarità” e a comunicare oltre essa. Tutto il romanzo sembra muoversi attorno alle parole non dette, alle spiegazioni non date. Nessuno chiede a Francesco perché ad un certo punto cominci a truccarsi, nessuno conosce la natura del rapporto tra Claudia ed Elisa, la madre di Francesco, un rapporto che resta confinato in una sottile nebbia all’interno della quale sembrano muoversi sicure soltanto le due donne; non necessita di spiegazioni neppure la continua oscillazione di Claudia tra legami omosessuali ed eterosessuali. Ma le parole non dette e le spiegazioni mai chieste non sono segno di incomunicabilità; Francesco e Claudia non hanno bisogno di un codice riconosciuto dai più, la loro comunicazione ha qualcosa di sublime. Tra i due Francesco è quello che riveste più spesso il ruolo di chi attende. Lui aspetta le telefonate di Claudia quando lei lascia Martina Franca, aspetta da sempre che Claudia lo ami come lui ama lei, aspetta che Claudia lo inviti a raggiungerla a Berlino. Ma Francesco sa che l’unico modo per essere vicino a Claudia è non costringerla entro i confini di un desiderio dichiarato troppo apertamente, o di una incondizionata condivisione di idee e di scelte. Un giorno, Francesco, deciso ormai a lasciare il suo lavoro di agente immobiliare, spinto anche da sinistri eventi, la raggiunge a Berlino. Claudia è una spatriata in qualunque luogo si trovi, è la solita irregolare. A Berlino, però, ha trovato una patria dove può sentirsi libera di nuotare nel flusso magmatico della vita. E in questo flusso Francesco entra e si lascia andare. Comincia così a legarsi ad Andria, ad Erika e alla piccola Elfo. È anche questo un modo per amare Claudia? Vivere le sue passioni, legarsi ai suoi amori? Sicuramente sì. C’è tra i due una segreta intima solidarietà, sempre. L’esperienza berlinese si chiude con l’arrivo a sorpresa (solo per Francesco, perché Claudia invece sa) di Elisa. Ancora una volta, Francesco capirà che tra la madre e Claudia esiste un legame dal quale lui è escluso. Quando Claudia, Erika, Elisa e la sua amica Tonia si levano in volo su una mongolfiera in un parco di Berlino, Francesco con la piccola Elfo tra le braccia le guarda trasognato. È la fine di un periodo della sua vita che con un salto temporale riprende nelle campagne di Martina e nei trulli dei nonni. È qui che Francesco è tornato, nella sua patria accogliente, consolatrice. In paese lo chiamano “il tedesco” – la consueta, puntuale abitudine di bollare le persone con un nomignolo che riassuma con cinica sintesi la vita. Claudia è tornata, ma per andar via ancora una volta. Il senso del loro legame è tutto in quell’intrecciarsi dei loro corpi nel terreno polveroso della campagna martinese, nei morsi di Claudia che con rabbioso amore sembra non voler ammettere che il legame con la sua terra e con Francesco le sia attaccato addosso. Claudia tornerà da Erika a Berlino. “Davanti a Claudia trionfa il languore dell’insoddisfazione”, così dice Francesco e nelle sue parole si annida il senso profondo del loro rapporto. Unica salvezza la poesia nella quale si rifugiano all’ombra della pergola. Torna in Desiati il suo Sud con le sue contraddizioni, con i suoi pregiudizi, con le sue sentenze, ma anche con la sua Poesia; liriche sono le pagine che raccontano un paesaggio pugliese fatto di colori e odori (straordinarie le descrizioni dei paesaggi naturali con i nomi delle piante selvatiche che popolano le nostre campagne). Torna Veleno (così è soprannominato un personaggio dei romanzi Il paese delle spose infelici e Il libro dell’amore proibito), forse una sorta di alter ego dello scrittore. Tornano la “vita precaria e l’amore eterno”, come recita il titolo del secondo romanzo di Desiati. Lo stile sempre più mimetico del nostro fa sì che pure la scrittura sia specchio dello stato d’animo dei personaggi. Non è un caso che, con l’intento di rendere tangibile la faticosa ripetuta ricerca di sé stesso da parte del protagonista, la lettura si faccia un po’ faticosa nel racconto della vita berlinese di Francesco. Così, il romanzo conquista e coinvolge chi legge nelle esplorazioni dei profondi moti dell’animo umano. “A volte si leggono romanzi solo per sapere che qualcuno ci è già passato”, scrive Desiati. E tutti noi ci sentiamo meno soli…