“Desidero esprimere a voi tutti, dipendenti, artigiani, imprenditori, professionisti, la vicinanza e solidarietà mia personale e di tutta la chiesa di Bari-Bitonto, in questo tempo così difficile che ci ha provato e ancora ci mette alla prova”. Lo ha scritto in una lettera l’Arcivescovo Giuseppe Satriano, in occasione della festività del 1 maggio. “L’esempio di san Giuseppe Lavoratore – ha spiegato il vescovo – ci spinga a vivere questo tempo di difficoltà senza disimpegno e senza rassegnazione. Non possiamo limitarci a parlare del lavoro come se fosse una entità astratta, senza pensare alla persona che lavora; non possiamo pensare a prospettive future generiche, senza pensare alla capacità generativa e creativa che ogni donna ed ogni uomo impegnati nel lavoro quotidiano, portano in se stessi in quanto persone. E di come tale potenzialità, tale capacità, nel momento in cui viene frustrata, viene bloccata, sia foriera di profonda crisi, in grado di mettere in discussione la propria identità, il proprio ruolo sociale e familiare, la certezza del pane quotidiano, la prospettiva del domani”. “Pensiamo – ha aggiunto Satriano – a quanti provano senso di colpa o vergogna per il dramma della propria condizione per aver perso il lavoro in età matura. Certezze che si sgretolano, paura del domani, disagio familiare, impegni da mantenere. Guardiamo ai nostri giovani desiderosi e bisognosi di costruire il futuro, spesso mortificati in una ricerca di spazi sociali e di relazione, rispetto a vite che gridano la bellezza e l’urgenza dell’impegno, anche costruendo una famiglia, a partire dall’opera delle mani, delle menti, degli anni dedicati alla formazione. Ci sentiamo in debito di prospettive e di certezze, verso di loro”. Per questo, ha detto ancora l’Arcivescovo Satriano “possiamo contribuire, tutti, a realizzare una ‘economia che non uccida’ e dal volto più umano? Possiamo, come san Giuseppe ha fatto con Maria, assumerci la responsabilità di non ‘scaricare’ nessuno facendo in modo che si cammini, sempre, al passo del più debole?”. Bisogna guardare alle strade delle “nostre città e paesi, ai quartieri, alle piazze, alle fabbriche, ai negozi, alle botteghe, ai campi, al bellissimo mare, come a luoghi da cui, a partire dai volti feriti e dai corpi duramente provati, insieme, tutti insieme, possiamo essere generativi di futuro, di un orizzonte di senso e di vita”, ha concluso il vescovo.