Le
cicatrici sono ricordi di ferite.
Pinuccio
ne ha tre. Due visibili, una un po’ meno, ma forse è quella che fa più male.
Il
signor Coviello è un pezzo d’uomo con un viso largo come un campo di grano
carezzato dal vento di primavera, gli occhi sono due feritoie dell’anima,
nascoste da timide lenti.
Sulle
arcate sopraccigliari ci sono le ferite che dicevamo, pare che siano il dono
gentile e certo poco gradito di un attaccante tremendo anni Settanta, tale
Guerra, uno che già nel nome metteva i brividi.
Durante
una furibonda “canicola” – era, questa, la denominazione di tornei torridi e
accesissimi, che infiammavano le estati bitontine, con la presenza di autentici
gioielli dei campionati più insigni.
I
gomiti del guerresco nemico gli rifecero i connotati, va bene, ma Pinuccio non
gli fece vedere il pallone.
E
dire che il Coviello aveva mosso i primi passi occupando tutt’altra positura in
campo.
Ala,
il ruolo del sogno e del volo. Una corsia da arare ed un terzino da inebriare
di finte e dribbling.
Tant’è
che il soprannome ci fa intendere bene il fulgore del talento: Gino Stacchini, magno
esterno bianconero.
Dunque.
Il prof Nicola Rossiello – padre amorevole di mille ragazzi, che, inseguendo un
cuoio pieno d’aria, diventavano pian piano uomini – cresceva i suoi ragazzini a
sacrifici vari e fatiche immani, il campo comunale era un fazzoletto di pietroso
deserto ed ogni mischia era una nuvola di polvere che intorbidiva il cielo.
Pinuccio,
che, frattanto, era divenuto un colosso con i piedi lucenti, venne argutamente
spostato in difesa perché un centrale così non si era mai visto, tecnico e
tetragono insieme.
Fu
il mister neroverde Bellomo ad indicargli la strada del settore arretrato.
Già
perché dall’Ambrosiana di Rossiello alla De Martino del Bitonto il passo era
breve, se ci sapevi fare.
Qui,
Coviello trovò parecchi amici, il presidente Nicolangelo Fornelli, il custode
dello stadio, i compagni di squadra: personaggi di un passato mitico e
bellissimo.
Tra
i più grandi, Franco Chimenti – “Altro che il fratello Vito, lui sì che era
forte” – pedatore eccelso e carattere fumantino, che gli impedì di scalare
l’Empireo del pallone.
Lavoravano
persino nella medesima azienda. Una volta, se sul terreno di gioco e di lotta
eri un rispettato gladiatore, divenivi persona degna d’avere persino un posto
di lavoro.
Il
calcio, vera palestra di vita. Ed oggi? Dubbi millanta s’affollano nella mente
del vecchio scriba…
Pinuccio
vide la squadra issarsi in testa al campionato di Promozione, ma, al momento di
approdare in IV Serie, dovette traslocare.
E
cominciò il girovagare in tono minore. Ultima tappa, Grumo Appula.
Coviello
rimembra ancora quegli anni rodomonteschi e avventurosi.
Ogni
tanto, incontra un sodale che gli mostra una foto, ingiallita d’anni e silenzi,
che sembra lo specchio della loro giovinezza e si abbracciano con un
malinconico sorriso.
Così,
l’atleta rincasa, fiero di ricordi.
E
lo fa andando via, sempre a piedi.
Scarpinando in una nuvola di dolore.
Ecco, la terza ferita che nessuno vede, perché è
scolpita sul suo cuore…