La bicicletta è la sua ragione di vita.
Sin da ragazzo Gaetano Leccese, ormai sulla soglia dei 78 anni, ha sempre avuto una passione inveterata per le due ruote.
Spingere sui pedali con tutta la forza possibile alla ricerca di emozioni uniche e di quel senso di libertà che ti riempie il cuore e l’anima.
Oltre 900 gare disputate nelle categorie veterani, più di 300 tra coppe, medaglie e trofei conquistati.
Ancora oggi, nonostante l’età non più verde, la salute che fa le bizze e qualche acciacco di troppo, si allena costantemente tre giorni a settimana, inanellando con la sua speciale bici in fibra di carbonio non meno di 70-80 chilometri per volta.
“La mia è una vera e propria vocazione per il ciclismo – racconta -. E’ un qualcosa che mi viene dal di dentro, che mi dà una grande carica. Non posso farne a meno. Avevo 18 anni quando cominciai a gareggiare tra i dilettanti. Fu una splendida quanto faticosa esperienza che purtroppo durò una sola stagione. Non riuscivo a conciliare l’attività agonistica con il lavoro, anche perché aiutavo mio padre, portavo a casa il pane per la mia famiglia”.
Leccese ha fatto prima l’intonachista, poi il commerciante ambulante, infine l’autista del pulmino con cui accompagnava gli studenti di un istituto superiore. Poco più che ventenne ha vissuto un paio d’anni a Brunate, nel Comasco, prima di ritornare nella natia Bitonto.
All’inizio del 1970 mise per un attimo da parte il ciclismo per dedicarsi al calcio, fondando la Pro Bari società di settore giovanile. Un triennio molto intenso in cui riuscì a forgiare e lanciare parecchi ragazzi interessanti.
Ma l’amore sviscerato per la bicicletta prese il sopravvento. Ripartì di buona lena nei primi mesi del ’73, appena 36enne, per la sua ascesa tra i veterani (che poi sarebbero diventati i cicloamatori di oggi).
“Una carriera forse cominciata tardi, ma pur sempre entusiasmante. Vennero fuori prepotentemente le mie qualità di passista velocista, anche perché puntavo molto sull’agonismo puro. In gara non lasciavo spazio agli avversari e solitamente attaccavo con impeto e determinazione. Mai usato sostanze proibite, il caffè era il mio unico energetico. Mi sono tolto molte soddisfazioni”.
In vent’anni di sfide, dalla Puglia fino al Lazio, ha centrato una trentina di vittorie e ottenuto numerosi piazzamenti. Il fiore all’occhiello resta il titolo di campione italiano conquistato il 29 giugno del 1986 ad Adelfia nella categoria senior 2, al termine di un circuito impegnativo lungo i sentieri e le colline della Murgia barese.
“Fu una giornata indimenticabile. In salita non persi mai contatto con il gruppo di testa, poi m’imposi allo sprint tagliando per primo il traguardo. Una gioia immensa”.
Tifosissimo di Fausto Coppi (“lo conobbi di persona al velodromo “Lello Simeone” di Barletta”) ed estimatore di Eddy Merckx (“un po’ gli somigliavo caratterialmente”), il signor Gaetano lasciò le competizioni nel ’93. Ma da allora non ha mai smesso di correre mostrando coraggio, forza di volontà e spirito di sacrificio.
“Nel 2001 ho riportato la frattura del femore che mi è stato sostituito con una protesi alla gamba sinistra. Otto anni fa ho subito l’intervento per l’asportazione di un tumore allo stomaco. Ma dopo sei mesi ero di nuovo sulla bici. Poi in seguito ad una caduta mi sono rotto anche il bacino. Eppure quasi tutte le mattine, alle 7, salgo sui pedali, inforco il manubrio e parto per l’ennesima cavalcata”.
Perché come dice un vecchio saggio, in bicicletta si torna giovani e si diventa poeti.
per gentile concessione dell’autore e de LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO