Dal giornalista Nicola Lavacca riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Le due ruote che portano al Cielo hanno lanciato Gaetano Leccese verso l’ultimo sprint.
Questa volta non è riuscito a vincere la sua ennesima corsa terrena, ma è giunto primo sul traguardo dell’eternità.
Perché la sua vita è stata contrassegnata dall’onestà, dal rispetto verso il prossimo, dal grande rigore morale. E soprattutto dalla inveterata passione per il ciclismo e lo sport.
Se n’è andato in punta di piedi un campione silenzioso che, nel suo piccolo, ha dato lustro alla nostra città.
Ha cominciato a pedalare sin da ragazzo e non ha mai smesso di correre, fino ad paio di anni fa quando in sella alla sua mitica bicicletta in fibra di carbonio si alzava quasi tutte le mattine alle 7 per percorrere un’ottantina di chilometri nonostante fosse un 78enne con qualche acciacco ma ancora straordinariamente vitale e determinato.
Oltre 900 gare disputate nella categorie veterani, più di 300 tra coppe, medaglie e trofei conquistati.
Spingeva sui pedali con tutta la forza possibile alla ricerca di emozioni uniche e di quel senso di libertà che ti riempie il cuore e l’anima.
“La mia è una vera e propria vocazione per il ciclismo – mi diceva spesso, anche durante l’intervista che mi rilasciò nel settembre del 2014 -. Non posso farne a meno. Avevo 18 anni quando cominciai a gareggiare tra i dilettanti”.
Lasciò la Puglia un paio di anni per lavorare a Brunate del Comasco.
Tornato a Bitonto, si dedicò anche al calcio fondando nel 1970 la Pro Bari, società di settore giovanile.
Ma la passione per ciclismo prese ancora una volta il sopravvento. Ripartì di buona lena nei primi mesi del ’73, appena 36enne, per la sua incredibile ascesa tra i veterani. Un corridore battagliero, indomito, veloce. Tante le corse indimenticabili, le arrampicate impossibili e le discese ardite.
Come in quel famoso 29 giugno dell’86 quando conquistò il titolo di campione italiano nella categoria senior 2 ad Adelfia.
Una vera e propria impresa esaltante che lui raccontava così: “Fu una giornata storica per me. In salita non persi mai contatto con il gruppo di testa, poi dopo aver affrontato sentieri e colline della Murgia barese m’imposi allo sprint tagliando per primo il traguardo”.
Il signor Gaetano lasciò le competizioni nel ’93. Ma da allora ha continuato imperterrito a pedalare.
Diceva Albert Einstein “La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti”.
Così, il campione silenzioso ha macinato chilometri e chilometri nonostante la sua veneranda età, dopo aver superato anche momenti difficili.
Davanti all’ultima salita, la più terribile e inesorabile, ha dovuto però arrendersi. La bici appoggiata al muro, in attesa del giudizio estremo. Brillano di luce propria il suo tenero ricordo, le sue irresistibili cavalcate, il suo carattere indomito e gli innumerevoli trofei tra cui quello che gli venne donato da Aldo Moro.
Coppe, medaglie, targhe, le sue magliette da gara, foto, ritagli di giornale li ha sempre custoditi in un armadio nella sua casa. I figli vorrebbero che questo prezioso patrimonio non andasse perduto e possa essere salvaguardato come testimonianza vivente di tutto quello che Gaetano Leccese ha conquistato nella sua splendida carriera.
La famiglia rivolge un sentito appello alla città, al Comune, alle associazioni di ciclismo e agli appassionati delle due ruote per non disperdere la memoria del passato.
Da lassù ne sarebbe felice anche l’intrepido Gaetano che alla bicicletta ha dedicato tutta la sua vita.