I ciclisti che più di tutti accendono la fantasia dei suiveurs sono gli scalatori. Perché si aggrappano a scoscesi tornanti non solo per “abbreviare l’agonia” (la citazione doverosa è di Pantadattilo, in atto di confessione al Giovannino d’el Gioan), ma anche e soorattutto perché volano in alto fino a sfiorare il cielo. Ebbrezza solitaria che scatena l’estasi di folle innamorate. Ma inerpicarsi su celebri ascese può essere pure una gioia condivisa, che ipso facto diventa felicità assoluta di una fraterna comunità. È questa l’essenza sublime dell’esperienza vissuta dagli Amici di Marco, che nei giorni scorsi hanno scalato Gavia, Mortirolo e Stelvio (Cima Fostò incubo francioso, mai dimenticare), le vette della leggenda sulle orme dei miti. Il tutto assaporato con le famiglie, consorti e piccoli, per rendere ancora più spirituale il viaggio. E, per soprammercato, il fuoriclasse Romolo Gentile – fisico da fulmineo camoscio, anomalo grimpeur nato in pianura e per miracolo tutto sportivo divenuto gigante mercè una vorticosa pedivella – terzo di categoria nel lungo, 150 chilometri da fachiri della sella. Al rientro, il presidente del sodalizio, l’avvocato Gaetano Giampalmo, è raggiante: “Affrontare le montagne epiche del Giro D’Italia è stata una esperienza fra le più belle della nostra vita. Diffondere la passione, le buone maniere, lo stare bene insieme: questo solo vorremmo fare. Non propagandiamo noi stessi, non cerchiamo nuove affiliazioni, non abbiamo bisogno di fare proselitismo, vogliamo solo dare una sensazione positiva di sport legata alla passione e all’armonia che un gruppo ti trasferisce”.