C’è che un ragazzo che sia serio, integerrimo, e misurato, può diventare anche un grande arbitro, se mantiene quei principi ideali pure quando scende sul prato attorniato da (pseudo) campioni miliardari.
Già, se poi è uno che si dedica agli altri, facendo con discrezione opera di volontariato, allora è perfettamente tagliato per quel ruolo cruciale nella vicenda fatale di ventidue fanciulli in calzoncini che corrono dietro un pallone la domenica (ma pure tutti gli altri giorni della settimana).
Insomma, stiamo parlando di un bitontino eccelso perché esemplare, paradigma autentico di equidistanza e onestà, nella vita come in campo: Vito Mastrodonato.
Il 41enne nostro concittadino nella settimana pur mo’ trascorsa ha tagliato un prestigioso traguardo: ben 50 partite in Serie A. E lo ha fatto sbandierando con pacata, chirurgica precisione nella non facile Juventus-Parma, ripensando certo a quando calcava i campi pulverulenti della provincia pallonara sempre un poco infernale, seguito ognora senza odiose ingerenze dal papà Franco.
Da assistente, quarto uomo e Avar – una delle mostruosità ipertecnologiche di questo calcio moderno- ne aveva già fatte quasi il doppio (98 per l’aritmetica) in Cadetteria, oltreché in Coppa Italia.
Vito, portatore sano di saggezza, ci bacchetterebbe nel sentirci demonizzare le nuove invenzioni, dal momento che, qualche tempo fa, da relatore di un convegno presso la sezione Aia di Macerata, si era così espresso: “Il cambiamento è insito nelle nostre azioni quotidiane, ma solo notando per tempo i cambiamenti di lieve entità sarà più semplice adattarsi a quelli più grandi, trovando la strada giusta per ricevere specifici insegnamenti e affrontare così ogni sorta di stravolgimento sia nella carriera arbitrale che nella vita quotidiana”.
Dunque, lunghissima vita sportiva (e non solo, ça va sans dir) a questo rappresentante insigne della sezione e della nostra città, già sicuri noi che non cambierà mai nella sua morale rettitudine…