Obiettivo della traduzione (dal
latino transducere, lett.: condurre oltre) è rendere comprensibile un
determinato contenuto a chi pratica una lingua diversa da quella in cui esso è
stato concepito.
Di traduzione solitamente si parla in ambito letterario ed a
partire dalla seconda metà del secolo scorso grande sviluppo ha avuto il
relativo campo di studi, la scienza della traduzione (in inglese translation
studies).
La letteratura e la linguistica non sono però i suoi unici
settori di applicazione: anche la musica, infatti, si è servita dell’arte di
tradurre in modo non indifferente.
Partendo dal presupposto che la musica è un
mezzo di espressione pari alla parola e considerando ogni singolo strumento (e
musicista o compositore!) come parlante una lingua propria (non a caso uno dei
concetti musicali fondamentali è il timbro, ossia la voce dello strumento), è
facile pensare come si sia potuta sviluppare la necessità di tradurre ovvero trascrivereuno stesso concetto musicale da una partitura orchestrale ad una per
pianoforte, organo ecc… alla stregua di una versione di latino o di un brano in
una lingua straniera.
La trascrizione, questo il termine corrente in musica,
non è altro che la riproposizione di un brano, un estratto, una frase musicale
dal linguaggio di uno strumento ad un altro. Importantissime per lo studio sono
le trascrizioni per pianoforte (a due o a quattro mani) di pezzi orchestrali,
ma anche le cosiddette orchestrazioni, ossia trascrizioni per l’orchestra. Un
esempio famosissimo sono i Quadri
da un’esposizione (1874)di Modest Petrovi? Musorgskij, originariamente per pianoforte, ma orchestrati magistralmente
daMaurice Ravel.
Non ho preso questo esempio a
caso, poiché questa stessa opera si è prestata non solo ad una traduzione
diatimbrica – passatemi il termine –, ossia da uno strumento all’altro, ma
anche diacronica e cioè è stata ripresa in epoche differenti e soprattutto in
stili differenti. Una sua celeberrima trascrizione, infatti, fu realizzata nel
1971 dagli Emerson,
Lake & Palmer che rielaborarono la musica di
Musorgskij in chiave rock con l’inserzione di materiale originale, creando
quella che Benedetto Croce avrebbe definito una traduzione bella e infedele.
La trascrizione, come accennato
qualche riga sopra, è stata ed è tuttora un importante mezzo di studio, ma
anche di diffusione della musica.
Johann Sebastian Bach trascrisse per organo
molti concerti orchestrali, sia per approfondire lo stile dell’autore che per
fini performativi. Un’altra spinta alla traduzione musicale, infatti, può
derivare da necessità di organico: in mancanza di un’orchestra vera e propria,
molto diffuse sono le trascrizioni per organico ridotto o per pianoforte solo,
che rappresentano un ottimo surrogato a buon mercato. Inoltre anche i solisti,
non solo i compositori come Bach, sono soliti avvalersi di trascrizioni
pianistiche nella fase di studio della loro parte: sarebbe impensabile per un
cantante avere a disposizione un’orchestra ogni qual volta voglia ripetere
un’aria d’opera!
Esistono anche alcuni divertissement stilistici che meritano senza ombra di dubbio di essere citati in questo
contesto: parlo di trascrizioni di brani moderni in stile antico.
A tal
proposito suggerisco di visitare il canale YouTube di Giovanni Dettori, artofcounterpoint,
un musicista che si è divertito a comporre musica in stile antico (fughe e
contrappunti, per la precisione) a partire da melodie moderne di Lady
Gaga, Britney
Spears ecc… Come già detto nella prima
puntata, il successo di queste operazioni è legato alla preesistente diffusione
del materiale di partenza e risultati eccellenti – sia commercialmente che
qualitativamente – sono stati ottenuti in quest’ultimo periodo da Scott Bradleee i Postmodern Jukebox, che propongono le hit del momento in una suadente
chiave jazz, mai uguale a se stessa, ma scegliendo la cifra stilistica più
adatta (soul, ragtime, country ecc…). Mi permetto di consigliarvi in particolare
queste due loro rielaborazioni, rispettivamente di All
about that bass e Creep.
Tornando a noi, infine, un
fenomeno molto diffuso, soprattutto in realtà come la nostra con una
ricchissima tradizione in merito, era ed è quello della trascrizione
bandistica: questo è stato nel corso del Novecento il mezzo di diffusione
privilegiato della musica colta
strumentale e soprattutto operistica tra le classi più povere, che non avevano
a disposizione un teatro nelle vicinanze o non si potevano permettere il lusso
di un biglietto. E come sarebbe possibile spiegare diversamente il successo
clamoroso di Verdi, Puccini, Mascagni ecc… ancor prima dell’avvento di
televisione, registrazioni audio e compagnia bella?