Campagne devastate per chi si era recato alle urne per esercitare il proprio diritto di voto.
Non è una notizia relativa alle famose elezioni del 1913, quando i mazzieri al soldo di Domenico Cioffrese, candidato bitontino al Parlamento, impedirono libere elezioni tramite l’uso della violenza. E non è neanche una notizia risalente al periodo fascista. Stiamo parlando di fatti avvenuti nel giugno del 1970 a Mariotto.
Il 7 e l’8 giugno di quell’anno, infatti, nelle regioni a statuto ordinario, oltre che per rinnovare il consiglio provinciale, si votò, per la prima volta, anche per eleggere il consiglio regionale.
Mentre la campagna elettorale entrava sempre più nel vivo, un’iniziativa di protesta venne avviata a Mariotto da un gruppo di studenti e operai che, appostati in piazza Roma, invitavano i cittadini della frazione a non votare e a riporre lì dentro la tessera elettorale: «A Mariotto non si vota e chi vota è un traditore».
Il motivo? «Per la rete idrica e fognante». Alla base dell’iniziativa, infatti, c’erano problemi insoluti e la richiesta dell’autonomia amministrativa di Mariotto.
«Siamo contro tutti i partiti» recitavano dei manifesti. L’iniziativa, scrisse la Gazzetta del Mezzogiorno, fu portata avanti anche tramite un piccolo giornale locale chiamato “La voce delle frazioni” e tramite squadre che andavano casa per casa a ritirare i certificati elettorali. Già prima delle elezioni circolarono le prime minacce per chi manifestata la volontà di votare.
A consegnare la propria tessera, stando a quel che riporta la Gazzetta in data 26 maggio 1970, «solo gli appartenenti ad un circolo socialista e alcuni cittadini», mentre l’iniziativa venne aspramente criticata da altri ambienti e attribuita a «pochi elementi “anarchici” bene individuati». La raccolta dei certificati e l’incitamento all’astensione, avrebbe potuto costituire reato, ricordavano i critici dell’iniziativa.
«I vostri problemi sono già avviati a soluzione. Non siate qualunquisti. Votate, non cedete ai ricatti» fu l’appello del senatore Vito Rosa.
Le urne si tennero regolarmente e su 925 votanti mariottani, in 296 riposero le schede nell’urna. Ma ad operazioni concluse alcuni tra coloro che avevano votato si ritrovarono le campagne devastate.
«Ho visto piangere uomini fatti. Alcuni vigliacchi, di notte hanno selvaggiamente tagliato le viti e gli alberi del loro campi, per e punirli perché ieri avevano votato» scrisse Antonio Rossano sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 9 giugno 1970 riportando di danni che ammontavano all’incirca ad un milione di lire (cifra accertata dall’Ente di sviluppo in Agricoltura e messa poi a disposizione dal comune di Bitonto guidata dal sindaco Gesualdo) e sottolineando che tra le vittime di queste ritorsioni ci fu soprattutto chi dai frutti di quella terra devastata ci viveva.
Giunsero a Mariotto i carabinieri del Nucleo Investigativo. Arrivò anche il questore Girolamo Lacquaniti, lo stesso che due anni prima aveva firmato il foglio di via per Totò Riina, dopo che quest’ultimo fu incredibilmente assolto a Bari. Tra i politici, il sottosegretario Lattanzio e il senatore Rosa.
«Che male ho fatto? Ho fatto il mio dovere di cittadino. Perchè non avrei dovuto votare. Solo perché lo volevano loro? Ma la libertà esiste o no in Italia? E ora come faccio? L’Anno scorso la grandine, quest’anno ‘sti disgraziati. Quando finirà?» raccontò sempre alla Gazzetta uno dei coltivatori colpiti dalle ritorsioni, Pasquale De Vanna, vittima insieme al fratello Benito (in foto).
Una dura condanna fu espressa dal senatore Rosa, che bollò gli avvenimenti come «un atto vandalico che ha gettato discredito sul tradizionale senso di civismo e di democrazia dell’operosa gente di Mariotto».
Ma, tra favorevoli e contrari, si sviluppò un lungo dibattito che fu ospitato sulla Gazzetta, nella rubrica dedicata alle lettere inviate alla redazione.
«Si è detto tanto male di questa cittadina, si è parlato di atti di inciviltà di delinquenza, di incitazione e istigazione a non votare, di ricatti ecc. Certo non mi ergo a difensore di quei pochi che, esasperati da una situazione sociale che non vede vie di uscita, hanno distrutto i vigneti, ma vorrei che si esaminassero con obiettività i fatti in modo da cogliere i motivi essenziali, passati e presenti, che hanno sfociato nella protesta più
eclatante quale l’astensione dal voto, segno di sfiducia in ogni forma di istituzione» scrisse il professor Stefano Milillo il 25 giugno 1970: «La frazione di Mariotto, come anche quella di Palombaio, è stata per decenni del tutto dimenticata dal comune di Bitonto, e niente si è fatto di concreto per, esaminare, programmare ed avviare a soluzione i problemi più impellenti di questi centri, in cui (siamo alle soglie del 2000)
mancano ancora i servizi igienici più indispensabili, manca l’acqua, l’illuminazione delle strade è limitatissima e solo per alcune ore al giorno. Tutto questo a due passi da Bari. […] Niente o quasi si è fatto per sviluppare l’edilizia in queste trazioni, niente si
è programmato per portare una ventata di vita in questi paesi. […] I politici si ricordano delle frazioni solo in particolari giorni, quelli che precedono le votazioni, per fare a questi onesti cittadini promesse che mai si manterranno. […] La colpa di tali fatti o di tale atto (il non votare), che potrebbe sembrare agli occhi ignari segno di inciviltà, non è dei mariottani, ma è nostra, è della nostra società chiusa, statica, indifferente che non ha saputo prevenire certe forme di reazione con una programmazione intelligente e che è costretta a correre poi ai ripari (vedi forza pubblica) quando le acque paludose si agitano».
Gli rispose Antonio Castellano il 4 luglio, dissentendo e sottolineando che alla base delle proteste vi fossero anche «motivi di interesse personale di alcuni frazionisti, su cui si è incentrata la convulsa e irrazionale manifestazione di protesta».
Irrazionale perché «Mariotto è una frazione di recente formazione. […] Le opere di urbanizzazione primaria sono eccellenti e fra le migliori della provincia. Solamente la rete fognante sta trovando ora realizzazione, con gravi oneri finanziari sia per la tipizzazione edilizia della frazione (prevalentemente estensiva), sia per l’alto costo della rete per ogni unita residenziale. L’assetto urbanistico è dotato di efficace normativa edilizia e di Prg. Per quanto concerne le opere secondarie, le due frazioni sono dotate di asili a totale carico del Comune di Bitonto, l’edilizia scolastica elementare non presenta indici di affollamento (come invece avviene – nel centro urbano) e sono previste le costruzioni anche di edifici per la Scuola Media. Il difetto della pubblica illuminazione è dipeso dalla gestione privata del servizio»
Per Castellano, «il turbamento dei rapporti tra Centro e frazioni è addebitabile sia alla classe politica locale per la maniera paternalistica con cui sono stati trattati i frazionisti, considerati a volte anche riserve di caccia elettorale, sia agli abitanti delle frazioni per non aver mai espresso dirigenti idonei per una crescita civile di Palombaio e Mariotto».
Se ne parlò, un’ultima volta, il 10 luglio, in una lettera dall’autore ignoto che giustificava la protesta definendola non giusta, ma giustissima e apprezzabilissima, nonché «non nata da fatui personalismi».
«Convulsa e irrazionale è la situazione è la situazione in cui si trova la frazione» scrisse l’ignoto autore, denunciando lo stato di abbandono e isolamento e aggiungendo, con tono sarcastico: «Se le opere di urbanizzazione primaria sono eccellenti e fra le migliori della provincia, cosa aspettiamo a proporre Mariotto non dico comune autonomo, ma capoluogo di provincia».