Il lunedì di Pasquetta, A.D. 21 aprile 2025, è una data leggendaria per la Città Eterna: la tradizione vuole che la città sia stata fondata da Romolo il 21 aprile del 753 a.C. sul Colle Palatino, la Capitale festeggia il suo 2778esimo compleanno.
Fervono ovunque i preparativi per la classica gita fuori porta, la clemenza del meteo spinge extra moenia anche i più pigri, quando all’improvviso, nel bel mezzo della mattinata, le prime agenzie stampa squarciano l’etere con il loro bollettino di morte: Sua Eminenza, il Cardinale Farrell, ha annunciato con dolore la morte di Papa Francesco, affermando testualmente che “Alle ore 7,35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla Casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa….”.
Succede un minuto prima delle 10 e il giorno di festa diventa il suo esatto contrario. Le premesse erano ben diverse, se poche ore prima in una Piazza San Pietro affollata all’inverosimile, davanti a 35.000 fedeli, aveva impartito la benedizione Urbi et Orbi, affidando a Mons. Diego Ravelli la lettura dell’ennesimo ultimo messaggio di pace, autentico testamento morale.
“Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo”: con queste parole e nel giorno della Pasqua, così si accomiatava dal mondo intero il nostro amato Pontefice. Voleva fare il Papa sino all’ultimo minuto, e l’ha fatto.
La sua elezione, la rivoluzione di linguaggio e di stile, la difesa degli ultimi, l’omelia durissima dopo il naufragio di Lampedusa: per i più è la storia di un Papa progressista. Con assoluta certezza, si può dire che è la storia di un Papa rivoluzionario, il primo Papa sudamericano, il primo Papa gesuita, il primo Papa a chiamarsi Francesco.
Ce lo ricorderemo per sempre quando, appena eletto, si affacciò alla loggia di San Pietro senza la mozzetta rossa, simbolo del potere dei predecessori, con una croce semplice anziché preziosa, si definì non Papa, ma Vescovo di Roma, chiese ai fedeli di pregare per lui, poi si inchinò alla folla.
Nel suo testamento chiede di essere sepolto nella Basilica di Santa Maria Maggiore e non a San Pietro come di norma avviene per i Pontefici. “Il Sepolcro deve essere nella terra” si legge nel documento, “semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus”.
Tutto della sua vita colpisce l’immaginario collettivo, anche alcuni fotogrammi passati alla storia: è il 27 marzo 2020, Papa Francesco è da solo in una Piazza san Pietro vuota e lucida di pioggia mentre impartisce la Benedizione Urbi et Orbi con indulgenza plenaria. Bergoglio prega per la fine della pandemia: “Dio, non lasciarci in balia della tempesta”
Una preghiera intensa, con Francesco solo ad incarnare l’essenza del ruolo di Pontefice, di ponte tra la terra bisognosa di risposte e il cielo a cui chiederle.
Infine l’ultima uscita pubblica, l’abbraccio del Papa ai detenuti di Regina Coeli, lo scorso Giovedì Santo, per quel sacro rito della lavanda dei piedi cui era molto legato ma che ha solo idealmente compiuto per gesti.
“Perché loro in carcere e non io?”, anche così si congeda dal mondo un Papa straordinario.