Nei primi anni
’90 ero intento alla ricerca di tutto ciò che faceva parte della nostra
tradizione orale: proverbi, modi di dire, canti, racconti e, nel contempo, di
foto d’epoca, di oggetti desueti, mestieri, chiese, palazzi, gruppi familiari,
scolaresche…
Nel corso di
queste ricerche la mitica zia Concettina, sorella di mio padre, mi diede due
foto nelle quali era raffigurato il bisnonno Michele Lapenna, vissuto a cavallo
tra l’ottocento e novecento, maestro elementare. Più in là, la stessa zia,
vista la mia passione per la ricerca, mi consegnò, quasi che fosse una
reliquia, un quadernetto in cui erano conservati dei manoscritti del bisnonno,
consistenti in poesie che datano dal
1865 al 1915 e appunti di conferenze tenute nel corso degli anni.
Conservai il
tutto gelosamente e pubblicai le due foto su altrettanti libri, che riportavano
canti popolari bitontini da me sottratti all’oblio.
Circa quattro
anni fa, sul numero di luglio-agosto del mensile cittadino Da Bitonto veniva riportato un articolo dal titolo: Un maestro poeta: Michele Penna. Echi
virgiliani nel suo tributo alla Patrona, a firma della professoressa
Carmela Minenna. Mi ricordai allora del bisnonno Lapenna e cercai di capire se
il poeta di cui si parlava fosse la stessa persona della quale conservavo i
manoscritti. Da ricerche effettuate in tal senso, anche con l’ausilio della
stessa Minenna, si giunse alla conclusione che Michele Penna e Michele Lapenna
erano la stessa persona, che amava firmarsi, a seconda delle circostanze, in
modo diverso.
Dopo qualche
tempo, a seguito di ricerche effettuate in modo autonomo dal sottoscritto e
dalla Minenna, con quest’ultima abbiamo concordato di dare alle stampe un libro
che ricordasse questa nobile figura di insegnante e di poeta, faro nel panorama
letterario del suo tempo, lasciando alla illustre cultrice di lettere classiche
e di storia bitontina l’onere di approfondire l’aspetto letterario della sua
opera.
Michele
Lapenna (1839-1925), insegnante della Bitonto ottocentesca e poi
primo-novecentesca, rientra nella categoria delle “gemme” della storia della
città. Educatore, latinista, studioso, poeta.
Figlio di Emanuele, cantiniere di Bitonto, e di Anna
Giachetti, nasce il 28 gennaio 1839.Da
autodidatta compie gli studi magistrali e consegue la Patente Inferiore
di maestro a Bari il 15 ottobre 1869.
Inizia
la quarantennale carriera di docente
elementare già nell’anno scolastico 1868/1869, quando, da giovane precario, gli
viene affidata una prima classe inferiore maschile composta da 70 alunni, con
la qualifica di sottomaestro.Intanto,
nel 1869, per votazione unanime del Consiglio Comunale di Bitonto, diventa
maestro di prima classe inferiore maschile. In questo stesso anno, per decreto
del Consiglio Scolastico della Provincia di Bari, il piano di istruzione
primaria viene implementato, a Bitonto, con l’integrazione di due nuove prime
classi, per un totale, dunque, di tre classi maschili e tre femminili.
L’incarico viene, pertanto, confermato per nomina comunale del sindaco
Giambattista Sylos anche per l’anno successivo. Lapenna ricopre l’incarico di
maestro di 1ª elementare fino al 1871, di 2ª elementare negli anni successivi.
Pur
intestatario della sola “patente provvisoria”, già nel 1868 avvia a Bitonto un
primo tentativo di istituzione di un corso serale di studi: la scuola serale,
funzionante tutti i giorni della settimana, annovera 100 alunni. Nonostante le
insormontabili difficoltà economiche, il progetto di scuola serale perdura fino
al 1875 quando, ormai, docente accreditato e conosciuto, trova la
collaborazione dei colleghi Francesco Belmonte, Giovanni Papagno e Gaetano
Siena, e delle maestre elementari Lursi Elisabetta, Fornelli Anna e Vania
Teresa.
Segue
la stagione dei riconoscimenti professionali ed economici. Nel 1878, nel corso
di una ispezione a cura della Commissione di Vigilanza della Scuola, Michele
Lapenna riceve valutazione ampiamente positiva per “la preparazione, per il metodo
didattico, per il profitto degli allievi”.
Nel 1879, unitamente a Gaetano Siena, su deliberazione del Consiglio Scolastico
Provinciale, riceve un incentivo economico pari a 60 lire, giacchè i due
maestri «hanno aderito di prolungare l’insegnamento fino a tutto agosto in
difformità alla chiusura delle scuole….e prestarono un’opera nel solo bene
della popolare istruzione».
Nel
1886, ai sensi della legge 19 aprile 1885 art.7, ottiene il certificato di
“lodevole servizio”. Nel 1892 richiede, pur non avendone il titolo, ed ottiene
per i meriti professionali la vicedirezione delle Scuole Elementari in quanto
il Consiglio Comunale, presieduto dal cav. Pasquale Cioffrese, nella seduta del
5 febbraio, ne riconosce «le capacità e
l’idoneità… tale da poter soddisfare ai doveri della destinazione della vice
direzione… malgrado che fosse sfornito del titolo di grado superiore».
Il
19 febbraio 1881 si sposa, in età matura, con Maria Messeni, cittadina di
Giovinazzo, e dedica la sua vita agli studi ed alla scuola. Anche lui, come
tanti colleghi di fine Ottocento, si ritrova a vestire l’abito scomodo di
“maestro squattrinato”, costretto spesso a questuare una modesta gratificazione
materiale al Consiglio Comunale per gli impegni suppletivi di nomenclatura,
ginnastica, disciplina, lettura e scrittura.
Al
compimento dei quaranta anni di servizio, il 30 settembre 1909, il maestro
Lapenna si ritira in congedo. Tuttavia né i sopraggiunti limiti di età, né la
salute ormai malferma per il sopraggiungere di insufficienza respiratoria e
vertigini, gli consentono di rinunciare definitivamente alla attività
didattica. L’epilogo della carriera professionale lo vede impegnato nel campo
della Vigilanza Scolastica e nel settore privato. Viene eletto membro della
Commissione di Vigilanza Scolastica per il biennio 1909–1911 e continua ad
insegnare nelle classi elementari del Seminario Vescovile di Bitonto: il suo
servizio, accertato nell’anno scolastico 1911 – 1912, viene notificato mediante
volantino pubblico, quale credenziale di sicuro successo per il rilancio
dell’istruzione primaria presso l’Ente religioso.
L’attività
letteraria del Lapenna spazia dai sonetti, scritti in particolari occasioni,
come l’attentato a Re Umberto I, o In morte di Giuseppe Garibaldi, alle Odi e
agli Inni; ma ciò che particolarmente lo rende unico nel panorama letterario
bitontino è la composizione in esametri virgiliani del poemetto De Virgine Maria et duce Montemar.
Muore
a Bitonto il 29 dicembre 1925.