L’uomo è un animale eminentemente sociale la cui vita dipende dalla capacità di capire cosa fanno gli altri, comprendendone le intenzioni e interpretandone i sentimenti. Senza questa capacità gli esseri umani non riuscirebbero a interagire gli uni con gli altri, né tanto meno a creare forme diconvivenza sociale. Dal punto di vista tradizionale, le azioni degli altri, come pure le loro intenzioni e le loro emozioni, sono comprese mediante un processo inferenziale sostanzialmente simile a quello che usiamo per individuare le cause di fenomeni puramente fisici. Secondo questo punto di vista, quando osserviamo una persona agire, il nostro sistema nervoso capta, mediante la vista e le altre modalità sensoriali, una serie d’informazioni che un complesso apparato cognitivoelabora e paragona con precedenti esperienze simili. Secondo un’altra teoria, il meccanismo che ci permette di capire le azioni degli altri è radicalmente diverso da quello appena esposto. Secondo questa teoria, noi capiamo gli altri perché ci mettiamo ‘nei loro panni’, ci immaginiamo nella loro situazione e ‘simuliamo’ quello che faremmo se davvero fossimo in quella situazione. La mancanza di sforzo e la facilità con cui normalmente è compreso il comportamento degli altri suggeriscono che il meccanismo “simulativo” possa non essere necessariamente determinato da uno sforzo cognitivo, come sostenuto dalla maggioranza dei teorici della “simulation theory”, ma essere messo in gioco da un meccanismo automatico il quale ci permetterebbe di capire gli altri senza la mediazione di processi inferenziali o la simulazione attiva del comportamento altrui. Un’importante scoperta neurofisiologica avvenuta negli anni Novanta del secolo scorso ha messo in luce l’esistenza di un tale meccanismo di comprensione: il meccanismo specchio. Grazie a questo meccanismo le azioni eseguite dagli altri, captate dai sistemi sensoriali, sono automaticamente trasferite al sistema motorio dell’osservatore, permettendogli così di avere una copia motoria del comportamento osservato, quasi fosse lui stesso a eseguirlo. I neuroni che compiono questa trasformazione dell’azione da un formato sensoriale a uno motorio sono stati chiamati neuroni specchio. I neuroni specchio furono scoperti all’inizio degli anni novanta, a Parma da un gruppo di ricerca con a capo Giacomo Rizzolatti.
La scoperta avvenne in modo abbastanza casuale: studiando il controllo del movimento di una mano di un macaco attraverso degli elettrodi gli esperti notarono una cosa molto particolare. L’esperimento consisteva nel registrare l’attività elettrica dei neuroni durante l’esecuzione di alcuni gesti della mano del macaco; il caso volle che mentre un ricercatore allungava la mano per prendere una banana dal cesto, i macchinari rilevarono un’attività neuronale nella scimmia che osservava rimanendo ferma. Si arrivò così a dedurre la funzione mediatrice dei neuroni specchio per la nostra comprensione del comportamento degli altri.
Questo episodio ha dato un impulso significativo alle neuroscienze, mostrando che i neuroni che si attivano in specifiche aree cerebrali quando compiamo una data azione, si attivano anche quando semplicemente osserviamo un nostro simile compiere la stessa azione. Questa attivazione cerebrale è una sorta di rappresentazione mentale dell’azione compiuta da un altro che genera una sorta di pre-apprendimento dell’azione stessa.
L’entusiasmante comprensione del loro funzionamento ha consentito di comprendere come avviene l’apprendimento per imitazione e ha permesso di estendere la funzione di tali neuroni non solo alla comprensione dell’azione vista ma anche alla anticipazione dell’intenzione. E’ evidente, quindi, quanto la possibilità di
“utilizzare consapevolmente” questo meccanismo risulterebbe fondamentale in tutti quegli sport situazionali, di squadra o singoli, dove la rapidità con cui si anticipa l’azione avversaria, di attacco o difesa, è fondamentale per la prestazione, e non solo. Lo sviluppo quindi dei neuroni specchio va ad agire su quelle capacità coordinative speciali come l’anticipazione motoria che negli sport di situazione o di rimando diventa fondamentale soprattutto per conoscere con grande anticipo le mosse dell’avversario. L’apprendimento delle tecniche sportive è stimolato sia dalla visione di un gesto sportivo sia dalla riproduzione in prima persona del gesto stesso. Prerogativa fondamentale, però, per l’attivazione dei neuroni specchio, è che il gesto osservato faccia parte del proprio bagaglio di esperienze motorie.
In termini pratici, prendiamo un giocatore di tennis o di un altro sport di situazione: risulterà fondamentale guardare video su giocatori più forti e preparati tecnicamente per poter apprendere e poi imitare i gesti atletici; con l’aumentare dei periodi di allenamento (visione e imitazione) aumentano anche segnale, attivazione e funzionalità dei neuroni specchio.
Un altro approccio possibile è quello di mettere all’interno delle sedute di allenamento esercizi specifici strettamente collegati con quanto potrebbe accadere in una partita (molto valido negli sport di squadra in quanto le variabili sono maggiori): questo aumenta l’esperienza dello sportivo migliorando di fatto il grado con cui sarà in grado di prevedere un’azione.
In molti programmi di allenamento di alto livello vengono consapevolmente alternati l’attività motoria con l’osservazione delle azioni e degli schemi motori con programmi individuali.