Dal movimento politico cittadino Liberi, riceviamo e pubblichiamo.
A Bitonto, dove l’ulivo è storia, identità e vita, si sta consumando un paradosso: la “transizione ecologica” si realizza tagliando le radici della civiltà agricola pugliese. Oltre duemila ulivi, simboli viventi di un territorio millenario, sono stati espiantati per far posto a un impianto fotovoltaico privato in località Pozzo delle Grue. Una ferita profonda, inferta con il beneplacito della politica locale e regionale.
Il grande inganno della sostenibilità
Ci raccontano che è per il bene dell’ambiente. Ma questa operazione ha il volto freddo della speculazione. Un parco solare da 12 MW, con benefici tutti da verificare per la collettività, e un impatto devastante su paesaggio, biodiversità e agricoltura. Dietro la parola “rinnovabile” si cela l’ennesimo progetto calato dall’alto, che cancella senza esitazione ciò che di più autentico e prezioso ha Bitonto: i suoi ulivi.
Chi governa ha scelto di firmare un’intesa con l’azienda proponente, promettendo il reimpianto degli alberi “in buone condizioni”. Ma nessuno può garantire che quegli ulivi – espiantati, stressati, spostati – sopravvivranno davvero. E quelli in “cattivo stato vegetativo”? Saranno sostituiti da piante giovani, perdendo irrimediabilmente secoli di storia naturale e valore agricolo.
Una classe politica prona e silenziosa
La politica locale, che dovrebbe difendere il patrimonio dei cittadini, ha scelto la via più comoda: assecondare i poteri economici nel nome di un ambientalismo di facciata. Dove sono finite le promesse di tutela del paesaggio? Dove la partecipazione dei cittadini? Questa non è transizione: è una resa. Una resa mascherata da progresso.
Nessun vero confronto pubblico. Nessuna consultazione con agricoltori, ambientalisti, storici del territorio. Solo silenzio, e ruspe.
Bitonto non dimentica
Bitonto è stata, ed è ancora, la “Città degli Ulivi”. Ma oggi quel titolo rischia di diventare una beffa. Perché la cultura di un popolo si difende anche – e soprattutto – nei momenti scomodi, quando il profitto bussa alla porta travestito da “opportunità verde”.
Questo scempio non sarà dimenticato. E chi ha avallato lo scempio dovrà rendere conto, politicamente e moralmente, davanti alla propria comunità. Perché non può esserci futuro sostenibile fondato sulla distruzione del passato.