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Home » Le dimissioni di Francesco Brandi: “Il Pd non è un partito democratico. Non è un passo indietro, ma una rincorsa per farne due avanti”

Le dimissioni di Francesco Brandi: “Il Pd non è un partito democratico. Non è un passo indietro, ma una rincorsa per farne due avanti”

L'ex segretario spiega tutti i perchè che lo hanno spinto a lasciare la carica di segretario del circolo cittadino

Lucia Maggio by Lucia Maggio
5 Febbraio 2020
in Politica
Le dimissioni di Francesco Brandi: “Il Pd non è un partito democratico. Non è un passo indietro, ma una rincorsa per farne due avanti”
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Gettare (magari momentaneamente, “perché il mio non è un passo indietro, ma una rincorsa per farne due in avanti tutti insieme”) la spugna per aver incontrato non poche resistenze nel voler rinnovare il Partito democratico, cercandolo di restituirgli “il suo spirito autenticamente democratico aprendo così una stagione nuova”.

Francesco Brandi, fino a due giorni fa segretario del circolo cittadino del più grande e importante partito del centrosinistra italiano, spiega le tante motivazioni che lo hanno spinto a lasciare la carica, nove mesi dopo averla ricevuta. Facendo capire, insomma, che da corso Vittorio Emanuele ci sarebbe ancora una importante fetta di persone che non avrebbe alcuna voglia di abbracciare una nuova stagione politica, e quindi i cambiamenti che essa comportano.

Ed è lo stesso consigliere comunale a dirlo nella lettera letta all’assemblea degli iscritti, esattamente tre giorni fa.

“Quando nove mesi fa ho accettato la sfida di coordinare il Circolo locale del Partito democratico, l’ho fatto sulla base di una visione politica precisa. Ritenevo di poter – e forse di dover – contribuire in prima persona, insieme a tanti che per troppo tempo avevano indugiato in un atteggiamento critico all’interno del centrosinistra bitontino, ad una svolta autentica nella vita di questo partito, all’insegna dell’allargamento, del dialogo, della condivisione.

Sulla base di questo proposito ho accettato, forzando non poche resistenze, un rischio grande, concedendo una fiducia sincera e senza riserve a quella che consideravo – e considero – la mia nuova famiglia politica, convinto con Gramsci che l’ottimismo della volontà sempre debba accompagnare il pessimismo della ragione.

Ho inteso ispirare il mio mandato alla disponibilità e all’apertura verso tutti, nonché alla conciliazione delle molteplici e preziosissime anime che compongono questo circolo e che della vita democratica della nostra città rappresentano risorse irrinunciabili.

Ero convinto che questo cambio di passo potesse riguardare il Circolo nella sua interezza, restituendo al partito il suo spirito autenticamente democratico aprendo così una stagione nuova.

Dopo pochi mesi, devo riconoscere che le cose stanno diversamente.

Le dinamiche interne scaturite dall’ingresso in maggioranza, prima, in Giunta poi, hanno rivelato che la disponibilità al superamento di vecchi schemi settari era ben lungi dall’essere condivisa. Non già dalla maggioranza dei democratici, quanto da alcuni guardiani della proprietà, indispettiti dalla possibilità di rispettare le regole del Partito democratico, allergici alla gestione condivisa, gelosi dei metodi spartitori, incapaci di selezionare le figure istituzionali ed apicali, prontissimi ad affossare i propri figli, pur di conservare il potere decisionale.

Un Partito così non è democratico.

La miglior virtù del politico è la lungimiranza. Da sempre chi si affanna ad accaparrarsi un morso di presente finisce col vedere solo l’evidenza e perde di vista l’orizzonte.

A furia di piccole sfide personali e di brigata, i democratici bitontini hanno bruciato una generazione. Ormai sono quindici anni che la nostra città non esprime una rappresentanza democratica in sedi sovracomunali, pur governate dal centrosinistra.

Urge restituire questa lungimiranza all’organizzazione politica dei democratici bitontini. Ed è dovere dei democratici sparsi in tutta la città, che non si sentono rappresentati da questa forma stantìa di partito, contribuire a riformarla. Nove mesi fa pensavo fosse possibile farlo con la sola forza delle idee. Oggi aggiungo che la forza delle idee ha bisogno delle persone giuste, di interpreti autenticamente democratici e, soprattutto, sinceri.

Per questo motivo ho deciso di rassegnare le dimissioni da coordinatore di circolo (segretario che dir si voglia) ed affidare ad un congresso, aperto e democratico come dev’essere, la scelta della direzione da prendere.

Sono consapevole che in tal modo a pagare il prezzo del mio eccesso di fiducia è la stabilità del partito tutto, e me ne scuso. Ma non riesco a immaginare una soluzione migliore all’impasse attuale che quella di interpellare il popolo democratico, la “base”, i tanti che in questo partito credono veramente e per esso si vogliono spendere, anche a costo di importanti sacrifici personali. Il Partito democratico è una comunità di donne e uomini, giovani e anziani, che alla luce del sole professano il proprio impegno per il bene comune. Non può essere una consorteria tenuta in ostaggio dal frazionismo, in cui qualcuno pensa di potersi ritagliare un potere umbratile, senza la correlata responsabilità. A prestare tempo e lavoro per una simile operazione di facciata, io non sono disponibile. E sono pertanto orgoglioso che il mio ultimo atto sia quello di restituire la parola a chi del partito è la vera sostanza vitale – la sua comunità, appunto.

Chiedo a tutti i democratici di fede e coerenza di sostenere la mia lotta per un partito nuovo e realmente democratico. Il mio non è un passo indietro ma una rincorsa per farne due in avanti tutti insieme. Per chiunque creda in un partito-comunità, trasparente e aperto, questo è solo l’inizio”.

 

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