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L’Analisi/Amministrative 2017. I motivi di una vittoria, le ragioni di una sconfitta

Dietro il fortissimo successo di Abbaticchio c'è una candidatura costruita mattone su mattone già da due anni, mentre gli avversari hanno collezionato errori su errori

La Redazione by La Redazione
12 Giugno 2017
in Politica
L’Analisi/Amministrative 2017. I motivi di una vittoria, le ragioni di una sconfitta
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Ancora lui, allora.

I bitontini sono stati molto chiari, sbrigativi e senza la necessità di andare al ballottaggio. Dovrà essere Michele Abbaticchio, 43 anni, primo cittadino uscente, a guidare la città per i prossimi cinque anni.

Sbaragliata, senza alcuna resistenza, la concorrenza di Emanuele Sannicandro e della sua coalizione di centrosinistra, quella di Cataldo Ciminiello e del Movimento 5 stelle, di Carmela Rossiello e del centrodestra.

Il risultato, così netto e inequivocabile, porta con sé alcune riflessioni inevitabili, che rendono il successo del sindaco uscente ancora più chiaro e forte.

Il primo dato da analizzare è il numero dei votanti, 2.500 circa in meno rispetto a cinque anni fa, quando però si è votato in due giornate (5-6 maggio), ma decisamente superiore rispetto alla media nazionale (60,1 per cento). Un calo, quello degli elettori, che però non ha penalizzato affatto il vincitore, ma molto di più gli avversari.

I motivi di una vittoria. Il primo dato che emerge dal (ri)successo di Michele Abbaticchio è il modo, ancora più netto rispetto al 2012 allorché, l’ex dirigente comunale, con una coalizione fatta di liste civiche ma anche partiti, al primo turno si era attestato a 14.490 voti (44,16 per cento), e aveva avuto bisogno del ballottaggio. Un lustro dopo, invece, “accontentandosi” di pure liste civiche (solo Italia dei valori è rimasta come non tale) e avendo perso tutti i partiti, gli è bastato soltanto il primo turno. Il 60 per cento, più della somma di tutti gli avversari.

Ma perché ha vinto Abbaticchio? Lo ha fatto perché ha iniziato a preparare la corsa verso la riconferma con un percorso intrapreso due anni fa, e che ha costruito e rafforzato nel corso dei mesi mettendo mattone su mattone. E una candidatura forte, pianificata, studiata e, soprattutto, compatta – senza passare per primarie di coalizione a tre mesi dal voto, o scelte dell’ultimo minuto – è molto spesso vincente. Vedasi Antonio Decaro a Bari nel 2014 o Michele Emiliano alla Regione Puglia nel 2015.

Lo ha fatto perché è riuscito meglio degli altri, più degli altri, a intercettare il consenso, i bisogni, le volontà, le speranze di tutte le fasce d’età, dai più giovani agli anziani. Forse anche meglio di cinque anni fa.

Ci è riuscito in quanto è ancora un fortissimo punto di riferimento per i ragazzi di questa città.

Perché rappresenta l’unico rimedio, serio e credibile, a quel sentimento di antipolitica ancora fortissimo e a quel modo di vedere la cosa pubblica che hanno i partiti, guarda caso tutti dall’altra parte del tavolo e sonoramente sconfitti. Senza se e senza ma.

Ha vinto perché è riuscito a trasmettere, nei comizi e sui Social network, una idea di città diversa rispetto a Sannicandro, Ciminiello e Rossiello.

Ha sconfitto tutti perché la città dell’olio, molto più semplicemente, ha apprezzato quello che è stato fatto in questi anni, e ha voluto che Abbaticchio lo porti a termine.

Adesso, però, per Abbaticchio arriva il difficile: saper amministrare nell’esclusivo interesse della città e della grande fiducia che gli è stata data. Diversa da quella con la quale partiva.

Le ragioni di una sconfitta. I grandi sconfitti di queste consultazioni sono i due storici partiti, Partito democratico e Forza Italia.

Il Pd è al terzo, sonoro, ko consecutivo alle amministrative cittadine, dimostrando che da corso Vittorio Emanuele, evidentemente, sono rimasti al 2008, nonostante un briciolo di rinnovamento – di volti e di candidati – mostrato.

E sono, innanzitutto, i numeri a certificare un tunnel senza uscita. Nel 2008 è stato il più suffragato con 8.728 voti, pari al 25 per cento delle preferenze. Cinque anni fa gli elettori si dimezzano quasi, diventando 4.703 (14,87 per cento, ma sempre primo partito). Questa volta è riuscito a fare ancora peggio, fermandosi a circa 2.600 voti (tradotto, significa 6mila preferenze in meno in nove anni) e al nove per cento. Certo, regge sempre la favola del partito più suffragato, ma oltre questa bella storiella non c’è nulla. È arrivato davvero il momento di fare una profonda e seria riflessione sulle tante scelte sbagliate in questi anni, e forse è ora che una classe dirigente faccia seriamente autocritica. Avendo il coraggio di lasciare, se sarà il caso, ma non uscendo dalla porta per poi rientrare dalla finestra.

In casa democratici, però, va sottolineato il prestigioso risultato di Antonella Vaccaro, anagrafe molto verde per lei, seconda soltanto a Gaetano Bonasia per numero di preferenze. Risultato figlio di un impegno costante e duraturo avviato qualche anno fa, e sicuramente meritato.

E Sannicandro? L’ex consigliere regionale ha fatto la sua battaglia, ha messo tutto quello che poteva e doveva, ma non è stato sufficiente per convincere i bitontini, e molto probabilmente più di qualcuno, nella sua coalizione, gli ha voltato le spalle.

Piange anche Forza Italia, che è riuscita a racimolare poco più di 1.100 voti, pari al quattro per cento delle preferenze. Una sonora batosta per i forzisti, che dal 2008 hanno visto sfumare oltre 4mila elettori, perdendone quasi 1.500 invece rispetto al primo successo di Abbaticchio.

Dal comitato di via Traetta hanno pagato la non presenza in lista di Domenico Damascelli, l’incapacità di rinnovarsi e di presentare forze fresche, la diaspora di tante personalità in altre coalizioni,  l’aver puntato su un candidato sindaco, Carmela Rossiello, sì preparato e lodevole per coraggio, abnegazione, impegno, volontà, ma già sconfitta cinque anni e che questa volta, rispetto al 2012, ha contato oltre 4mila voti in meno dalla sua.

Non può ridere neanche il Movimento 5 stelle, da cui ci si aspettava qualcosina in più. Certo, per i grillini è stata la prima competizione comunale e siederanno a Palazzo Gentile, ma dopo l’exploit delle Regionali di due anni fa, era lecito aspettarsi di meglio.

Ma, forse, sono stati fatti un po’ di errori: una sola lista (modus operandi che, nel sistema politico basato sulle allenze, specie a livello comunale spesso non paga), rigoroso “no” agli accoppiamenti, alcuni passi falsi negli ultimi giorni di campagna elettorale, la solita litania dell’onestà, purezza e trasparenza, un candidato che non ha suscitato il giusto interesse. 

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