1952. A sei anni dalle prime elezioni amministrative, Bitonto si prepara a tornare a votare per eleggere il nuovo consiglio comunale e, per la prima volta dall’avvento della repubblica, a votare per il consiglio provinciale.
C’è ancora un clima di scontri e fortissime divisioni politiche e sociali che aveva già caratterizzato il dibattito politico negli anni precedenti, tanto che, temendo un’avanzata delle sinistre, specialmente al Comune di Roma, parte del mondo cattolico, guidata da don Luigi Sturzo, tramite i Comitati Civici, tenta di spingere verso un’alleanza tra democristiani, monarchici e missini, guidata da Luigi Sturzo. Un’operazione che fallisce per l’opposizione di Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio dei ministri e antifascista convinto, contrario ad entrare in coalizione con i neofascisti. De Gasperi teme anche che quell’esperimento possa anche creare un precedente per le successive politiche dell’anno successivo. Propende, perciò, con un’alleanza con socialdemocratici, liberali e repubblicani.
Si vota il 25 e il 26 maggio. Mentre a Bari città a vincere è il Partito Nazionale Monarchico che nomina sindaco Francesco Chieco, a Bitonto si registra un successo della coalizione di sinistra, formata da Partito Comunista, Partito Socialista e Indipendenti di Sinistra. Un sistema di apparentamenti promosso dalla legge elettorale maggioritaria in vigore dal ’46, per i comuni al di sopra dei 30mila abitanti.
«Un colpo pari la Democrazia cristiana l’ha subito nel Foggiano e in Terra di Bari, dove essa ha dovuto consegnare al popolo importanti roccaforti con perdite di migliaia e migliaia di voli. e non è riuscita a impedire. nonostante le sue sporche alleante col Msi, la trionfale vittoria delle sinistre nei grandi centri agricoli della costa e dell’interno, da Cerignola a S. Severo, da Barletta a Ruvo, Bitonto. Altamura, Canosa» scrive l’Unità il 27 maggio ’52, criticando il progetto di alleanza tra democristiani, monarchici e missini e denunciando “brogli clericali” orditi da Dc, Comitati Civici e religiosi: «A Bari città sono state le forze popolari a contrastare duramente l’avanzata dei monarchico-fascisti. Le responsabilità democristiane per avere aperto nel capoluogo delle Puglie e a Napoli la strada al rigurgito monarchico-fascista sono incancellabili e stanno a denunciare al Paese le conseguenze gravi della politica filofascista condotta dai clericali».
È la Dc a conquistare il maggior numero dei voti (5484), ma il partito cattolico è svantaggiato dall’assenza di alleati forti. Il Psdi non basta, fermandosi solo a 620 voti (6104 totali) e l’alleanza con monarchici e missini non aveva avuto luogo. Ecco perché, a vincere è la coalizione formata dalle tre forze di sinistra Il Psi raccoglie 4270 voti, il Pci 3453 e gli indipendenti di sinistra 251. Un totale di 7974. I monarchici raggiungono quota 2637, mentre il Msi 635. Un’alleanza con loro avrebbe potuto, forse, portare alla vittoria, a Bitonto, come altrove. Ma per De Gasperi e parte della Dc non è un’opzione da prendere in considerazione. Posizione che porta il partito e il suo massimo rappresentante dell’epoca a scontrarsi con papa Pio XII.
Con la vittoria della sinistra a Bitonto, ad essere nominato sindaco è il comunista (primo e unico nella storia cittadina a ricoprire il ruolo) Arcangelo Pastoressa, che aveva già amministrato la città dal ’44 al ’46, come commissario prefettizio. Tra le decisioni prese dalla sua amministrazione, una tassa di famiglia che grava principalmente sulla popolazione più ricca. La sua amministrazione, comunque, non dura molto. Dopo soltanto un anno viene sfiduciato e, al suo posto, sale il socialista Angelo Custode Masciale, che completa il mandato, rimanendo in carica fino al ’56 (verrà poi rieletto e continuerà a fare il sindaco di Bitonto fino alle sue dimissioni nel ’58).
La Democrazia Cristiana, vince, però, alle provinciali, riuscendo a conquistare, insieme ai monarchici e ai socialdemocratici, il nuovo ente, che sostituisce la Deputazione Provinciale (organo istituito in era monarchica), di cui ultimo presidente fu il generale Magli. A capo della giunta che, nel luglio successivo, si insedia, è nominato l’avvocato Vincenzo Angelini De Miccolis.
A livello nazionale, infine, non si verifica la temuta scalata della sinistra al Campidoglio. Democristiani, socialdemocratici, liberali e repubblicani conquistano il Comune di Roma senza aver bisogno dell’aiuto di missini e monarchici. Successo che contribuisce ad affossare il fallimento di quell’operazione in chiave anticomunista voluta da parte del mondo cattolico e del Vaticano.