Ho
assistito con inusitato stupore alla diatriba di manzoniana memoria che si è
sviluppata sul “de jure condendo” della città metropolitana ossia sulle regole
e su chi deve e può rappresentarci e su chi invece non è degno di governare il
costituendo ente.
Mentre
riflettevo, mi balenavano alla mente le parole pregne di indignazione e di
straripante campanilismo, con le quali tutti, nessuno escluso ed eccettuato, in
Consiglio Comunale, bollavano come dissacranti i provvedimenti del Governo
centrale sul riordino e sull’abolizione delle province e come tutti giuravano
fedeltà al vecchio sistema racchiuso nella Costituzione e come tutti avocavano
a sé il diritto di combattere all’ultimo sangue tale decisione (pur essendo un factum
principis). Tutti, se non vado errando, sostenevano che la norma costituiva una
grossa “capitis diminutio” della dignità e dell’orgoglio del popolo bitontino.
Orbene,
tale comportamento aveva dato la stura ad alcuni di parlare della gagliarda capacità
dei rottamatori che aveva finalmente estirpato dalle radici la mandragora della
vecchia politica fatta di intrighi e imbrogli gestita da uomini inaffidabili,
spendaccioni e nient’affatto fededegni.
Oggi, ad appena qualche mese di distanza dai proclami sperticati e violenti,
assistiamo alla processione dei gamberi che in fila, uno dietro l’altro e
all’indietro, escono dal chiuso a mirar, increduli, le stelle.
Di
certo v’è che i rottamatori oggi corrono nella direzione opposta a quella conclamata
ed osannata ieri. Ma delle due l’una: o hanno cambiato idea adesso, ovvero
mentivano sapendo di mentire allora (tertium non datur).
Tutti
vogliono far parte del Governo della città metropolitana e nessuno rammenta di
aver avversato anche con estremo dileggio tutti coloro i quali avevano espresso,
sia pure sommessamente, parere contrario.
I
rottamatori si sono autorottamati diventando gli arditi della nuova fede, gli
araldi della metropoli ed i depositari del sacro fuoco del cambiamento.
La
Prima Repubblica, per quanto concerne i voli bassi e radenti ha solo la
medaglia di bronzo mentre la medaglia di oro è di fatto e di diritto della
seconda.
Infatti,
nella Prima Repubblica vi erano uomini che con estrema modestia erano disposti
ad accettare “obtorto collo” soluzioni anche impopolari, oggi invece sono
rimasti solo gli arroganti furbetti animati da uno spiccato spirito
camaleontico che colgono le soluzioni fior da fiore per poi scegliere le
migliori.
Ma
trascurando per un solo momento quanto innanzi detto, ritengo che noi tutti
eravamo, siamo e saremo sempre impotenti di fronte alla legge (dura lex sed
lex) e quindi piuttosto che beccarci tra di noi come facevano i capponi di
Renzo, dobbiamo cogliere lo spirito della riforma che vuole la riduzione dei
costi della politica e lottare affinché il principio della gratuità
dell’incarico non diventi col tempo evanescente, fino a scomparire del tutto.
Ma
il punto è: sarà il nostro rappresentante in grado di far rispettare il detto
principio e di fare adottare provvedimenti utili anche per Bitonto atteso che noi
tutti non siamo stati capaci di salvare l’Ospedale, di salvare il Tribunale, di
salvare il Maria Cristina etc…?
Le
mie possano essere parole in libertà, ma con queste premesse, oggi, tutti si
sentono capaci di cambiare il mondo intero e tutti hanno dimenticato il semplice
adagio filosofico: “Io so di non sapere”.