Maggioranza e opposizione all’attacco del presidente del consiglio comunale. In una seduta consiliare priva di discussione, nell’affrontare i suoi quattro punti all’ordine del giorno (approvazione definitiva del Piano Urbanistico di Iniziativa Privata su suolo tipizzato, una variante urbanistica, una proposta di project financing per la gestione di un rifugio comunale per cani su suolo confiscato alla criminalità) l’unico momento di confronto, all’interno dell’aula, è stata la discussione precedente alla trattazione degli ordini del giorno. Ad iniziare la lunga serie di invettive contro Vito Labianca è stato Emanuele Sannicandro (Iniziativa Democratica) che lo ha accusato di sottovalutare e non considerare il ruolo delle commissioni e dei consiglieri comunali che vi partecipano, non inserendo, puntualmente, tra gli argomenti da trattare in consiglio, le proposte scaturite da esse.
«Ricordo l’impegno di istituire una commissione per affrontare tematiche relative ad interventi contro la criminalità organizzata e per l’educazione alla legalità, coinvolgendo le scuole e organizzando incontri. Si era detto che nella successiva commissione Affari Istituzionali si sarebbe formato un gruppo di lavoro. È passato quasi un anno da quando abbiamo preso, all’unanimità, l’impegno, dal 28 gennaio scorso, e nulla si è mosso, nonostante l’importanza del tema. È la terza volta che lancio l’appello. Certe volte mi viene la voglia di dimettermi, vedendo l’inutilità di quel che facciamo in aula. Voglio capire quale è il ruolo di consiglieri e commissioni. Mi fa molto male il pensiero che la commissione si riunisca, firmi un verbale, per poi vedersi considerare inutile quella firma. Voglio sapere le motivazioni per cui quelle firme sono ritenute inutili» è l’appello di Sannicandro, che ci tiene a sottolineare il non coinvolgimento in altre vicende, in retropensieri «che non mi interessano».
La domanda su quali siano queste vicende e questi retropensieri sorge spontanea. Che si tratti di quelle voci che ipotizzano una prossima sfiducia verso il presidente Labianca, per sostituirlo con un altro consigliere? Non è dato saperlo, al momento. Sta di fatto che l’accusa di Sannicandro scatena gli interventi di altri consiglieri contro l’esponente di Sud al Centro, lista di maggioranza che da tempo cela diversi dissapori verso l’amministrazione targata Abbaticchio.
«Si deve chiarire il ruolo di consiglieri, commissioni e di cosa è consentito fare nel momento in cui ci sono degli atti e c’è chi ha il dovere di controllare quegli atti per dovere d’ufficio. Cosa si fa nel caso quest’ultimo ritenga quegli atti inutili e inconsistenti, da cancellare? Credo che sia necessario che di questo i consiglieri di minoranza siano informati. Io ho firmato assumendomi la responsabilità di quel che stavo facendo. Ho il diritto di sapere perché quella firma è ritenuta inutile» conclude l’ex candidato sindaco, chiedendo a Labianca di tutelare il ruolo del consigliere: «Non è possibile che per caso debba venire a sapere che alcune commissioni sono state cassate. Se non avrò riscontri, sarò costretto a dimettermi dalla commissione».
Prima di Labianca, a rispondere è il segretario Salvatore Bonasia, spiegando che sono state cassate quelle commissioni che trattavano di argomenti già trattati dal consiglio e quindi al di fuori della funzione di supporto al consesso svolta dalla commissione.
Ma alle accuse di Sannicandro si aggiunge Pasquale Castellano (Italia in Comune) che sottolinea l’importanza che gli atti redatti in commissione abbiano un seguito in consiglio, soprattutto nel caso di regolamenti: «Per noi è importante che le commissioni abbiano dignità. Perciò avevo anche chiesto di far pubblicare sul sito del Comune i verbali delle commissioni, perché non è normale che le persone che non hanno la capacità di assistere ai lavori, non possano leggere i verbali».
L’invito di Castellano è rivolto però al presidente del consiglio e non al segretario Bonasia «perché dal punto di vista tecnico siamo d’accordo con il segretario, dal punto di vista politico vogliamo delle risposte, altrimenti anche io sarò costretto a dimettermi».
«Dal punto di vista politico – è la risposta del presidente – anche per me è molto svilente far lavorare le commissioni e non poter poi portare gli atti in consiglio, anche perché io ratifico gli atti nel momento in cui vengono depositati nella mia segreteria. Gli atti non arrivano perché c’è un’amministrazione che deve dare le priorità su quel che deve arrivare in consiglio. Io non posso dare agli uffici priorità rispetto ad altre. Tocca all’amministrazione».
Spiegazioni che non convincono i consiglieri. A partire da Antonella Vaccaro (Pd) e da Dino Ciminiello (Italia in Comune) che giudica irritante la risposta in quanto sottovaluta il ruolo delle commissioni, che «hanno anche altri ruoli e pensare che servano solo ad esprimere un parere sugli atti che devono arrivare nell’assise consiliare è deprimente per la nostra figura».
«Non so se esista un altro comune che per portare in consiglio una delibera per la modifica dei regolamenti degli organismi di partecipazione attenda due anni. Perché non viene proposto un argomento così semplice» aggiunge Castellano.
Su una linea diversa è Franco Scauro (Psi) che bolla la questione come un falso problema, avanzando l’ipotesi che si voglia trovare un capro espiatorio ad un problema che non può dipendere solo dal presidente del consiglio: «Se una questione è urgente deve essere l’amministrazione a premere affinchè arrivi in consiglio. A meno che il problema non sia un altro».
Affermazioni che, probabilmente, si ricollegano a quelle voci di corridoio a cui abbiamo già accennato.