Nella direzione regionale del Partito Democratico tenutasi ieri a Bari passa la linea proposta da Giovanni Procacci sull’ apertura del partito al dialogo con le liste civiche.
L’ultima consultazione politica ha riguardato più di 9 milioni di elettori e sono stati 111 i Comuni richiamati al ballottaggio, 22 capoluoghi di provincia e 89 comuni al di sopra di 15 mila abitanti.
In molti casi si sono determinate situazioni rischiose per il centrosinistra, tanto che due ballottaggi su sei avevano tra le fila candidati sostenuti da liste civiche tendenzialmente di sinistra.
Una proliferazione di civismo o soltanto una forma di protesta e sfiducia verso la classica composizione dei partiti, che sembrano ormai lontani dal modo di fare politica oggi?
Potranno mai convivere i due modi di approcciarsi alla res publica?
Ma il risultato dei ballottaggi in Puglia, in controtendenza rispetto al resto dell’Italia, ha dimostrato che il metodo instaurato da Emiliano di dialogare con le formazioni oltre il PD, è risultato vincente e produttivo.
Persino Matteo Renzi ed Andrea Orlando hanno ritenuto auspicabile un dialogo con il mondo del civismo.
Perciò abbiamo chiesto a Giovanni Procacci, che da tempo sostiene questo avvicinamento, quale sia il suo parere sull’argomento per quanto riguarda la nostra regione.
«La politica del nostro tempo, piaccia o no, si deve confrontare con due fattori fondamentali – spiega Procacci -: una diversa partecipazione politica, che si esprime in larga parte con la proliferazione di liste civiche (che ormai corrispondono al 70% delle liste di centro sinistra), e il leaderismo dall’altro lato».
Prendere atto dell’esistenza delle civiche «non significa gradirle o incentivarle ma prendere semplicemente atto che la democrazia, oggi, si esprime anche in questa maniera. Come purtroppo bisogna rendersi conto che, pur avendo il miglior partito alle spalle, senza un leader forte e credibile, difficilmente si ottiene consenso. A me personalmente non piace nessuno di questi aspetti, ma così funziona oggi il flusso del consenso e chi vuole pensare e agire politicamente non può non tenerne conto. In queste dinamiche ovviamente occorre innervare una politica virtuosa finalizzata al bene comune».
«Alcune liste – specifica – nascono da un civismo vero, da valori intellettuali e cultura politica, altre soltanto da un sentimento di risentimento; altre ancora sono costruite attorno a una sola figura emergente oppure nascono alla vigilia delle elezioni come un vagone per entrare direttamente in consiglio. E questo si nota dai voti conseguiti che sono la mera somma delle singole preferenze espresse per ciascun candidato. Per questi motivi accade spesso di non trovare idee, identità e progettualità, ma solo gruppi di persone che presto si disgregheranno», conclude.
Quindi cosa dovrebbe fare davanti a questa realtà un partito che voglia riprendere una interazione forte con la società del nostro tempo?
«Deve assolutamente cercare il dialogo. Un partito nazionale, come il Partito Democratico, nasce già da statuto per essere una casa aperta e far sì che il mondo esterno possa contribuire, dall’interno, alla crescita e alla rivitalizzazione continua del partito. E se questo passa dalle liste civiche, ben venga: potrebbe essere il momento giusto per consentire loro di concorrere ed incidere anche nella politica sovra comunale», risponde Procacci.
«Qualora questo non fosse possibile, e le liste civiche volessero mantenere la loro identità, si possono ipotizzare delle federazioni di liste con il partito, con modalità da condividere, così da creare dialogo, crescita e partecipazione, a cominciare dalla istituzione di circoli tematici nei quali è più facile stare insieme. Il PD non deve sentirle come una minaccia, ma come un’opportunità, utile ad allargare la partecipazione, prendendo sempre più coscienza che il partito democratico è nato (ne sono stato tra i fondatori) non per essere uno dei tanti partiti, ma per dare a tutti i democratici italiani una casa ricca di idee e sensibilità diverse ma allo stesso tempo disciplinata da regole precise che consentano la sintesi. Questa credo sia la strada che il PD dovrà intraprendere, non solo per allargare il proprio consenso, bensì per accrescere la cittadinanza politica piena in un paese in cui spesso si pensa che per garantire la democrazia è sufficiente l’esercizio del voto».
Nella direzione regionale del Partito Democratico tenutasi ieri a Bari passa la linea proposta da Giovanni Procacci sull’ apertura del partito al dialogo con le liste civiche.
L’ultima consultazione politica ha riguardato più di 9 milioni di elettori e sono stati 111 i Comuni richiamati al ballottaggio, 22 capoluoghi di provincia e 89 comuni al di sopra di 15 mila abitanti.
In molti casi si sono determinate situazioni rischiose per il centrosinistra, tanto che due ballottaggi su sei avevano tra le fila candidati sostenuti da liste civiche tendenzialmente di sinistra.
Una proliferazione di civismo o soltanto una forma di protesta e sfiducia verso la classica composizione dei partiti, che sembrano ormai lontani dal modo di fare politica oggi?
Potranno mai convivere i due modi di approcciarsi alla res publica?
Ma il risultato dei ballottaggi in Puglia, in controtendenza rispetto al resto dell’Italia, ha dimostrato che il metodo instaurato da Emiliano di dialogare con le formazioni oltre il PD, è risultato vincente e produttivo.
Persino Matteo Renzi ed Andrea Orlando hanno ritenuto auspicabile un dialogo con il mondo del civismo.
Perciò abbiamo chiesto a Giovanni Procacci, che da tempo sostiene questo avvicinamento, quale sia il suo parere sull’argomento per quanto riguarda la nostra regione.
«La politica del nostro tempo, piaccia o no, si deve confrontare con due fattori fondamentali – spiega Procacci -: una diversa partecipazione politica, che si esprime in larga parte con la proliferazione di liste civiche (che ormai corrispondono al 70% delle liste di centro sinistra), e il leaderismo dall’altro lato».
Prendere atto dell’esistenza delle civiche «non significa gradirle o incentivarle ma prendere semplicemente atto che la democrazia, oggi, si esprime anche in questa maniera. Come purtroppo bisogna rendersi conto che, pur avendo il miglior partito alle spalle, senza un leader forte e credibile, difficilmente si ottiene consenso. A me personalmente non piace nessuno di questi aspetti, ma così funziona oggi il flusso del consenso e chi vuole pensare e agire politicamente non può non tenerne conto. In queste dinamiche ovviamente occorre innervare una politica virtuosa finalizzata al bene comune».
«Alcune liste – specifica – nascono da un civismo vero, da valori intellettuali e cultura politica, altre soltanto da un sentimento di risentimento; altre ancora sono costruite attorno a una sola figura emergente oppure nascono alla vigilia delle elezioni come un vagone per entrare direttamente in consiglio. E questo si nota dai voti conseguiti che sono la mera somma delle singole preferenze espresse per ciascun candidato. Per questi motivi accade spesso di non trovare idee, identità e progettualità, ma solo gruppi di persone che presto si disgregheranno», conclude.
Quindi cosa dovrebbe fare davanti a questa realtà un partito che voglia riprendere una interazione forte con la società del nostro tempo?
«Deve assolutamente cercare il dialogo. Un partito nazionale, come il Partito Democratico, nasce già da statuto per essere una casa aperta e far sì che il mondo esterno possa contribuire, dall’interno, alla crescita e alla rivitalizzazione continua del partito. E se questo passa dalle liste civiche, ben venga: potrebbe essere il momento giusto per consentire loro di concorrere ed incidere anche nella politica sovra comunale», risponde Procacci.
«Qualora questo non fosse possibile, e le liste civiche volessero mantenere la loro identità, si possono ipotizzare delle federazioni di liste con il partito, con modalità da condividere, così da creare dialogo, crescita e partecipazione, a cominciare dalla istituzione di circoli tematici nei quali è più facile stare insieme. Il PD non deve sentirle come una minaccia, ma come un’opportunità, utile ad allargare la partecipazione, prendendo sempre più coscienza che il partito democratico è nato (ne sono stato tra i fondatori) non per essere uno dei tanti partiti, ma per dare a tutti i democratici italiani una casa ricca di idee e sensibilità diverse ma allo stesso tempo disciplinata da regole precise che consentano la sintesi. Questa credo sia la strada che il PD dovrà intraprendere, non solo per allargare il proprio consenso, bensì per accrescere la cittadinanza politica piena in un paese in cui spesso si pensa che per garantire la democrazia è sufficiente l’esercizio del voto».
Nella direzione regionale del Partito Democratico tenutasi ieri a Bari passa la linea proposta da Giovanni Procacci sull’ apertura del partito al dialogo con le liste civiche.
L’ultima consultazione politica ha riguardato più di 9 milioni di elettori e sono stati 111 i Comuni richiamati al ballottaggio, 22 capoluoghi di provincia e 89 comuni al di sopra di 15 mila abitanti.
In molti casi si sono determinate situazioni rischiose per il centrosinistra, tanto che due ballottaggi su sei avevano tra le fila candidati sostenuti da liste civiche tendenzialmente di sinistra.
Una proliferazione di civismo o soltanto una forma di protesta e sfiducia verso la classica composizione dei partiti, che sembrano ormai lontani dal modo di fare politica oggi?
Potranno mai convivere i due modi di approcciarsi alla res publica?
Ma il risultato dei ballottaggi in Puglia, in controtendenza rispetto al resto dell’Italia, ha dimostrato che il metodo instaurato da Emiliano di dialogare con le formazioni oltre il PD, è risultato vincente e produttivo.
Persino Matteo Renzi ed Andrea Orlando hanno ritenuto auspicabile un dialogo con il mondo del civismo.
Perciò abbiamo chiesto a Giovanni Procacci, che da tempo sostiene questo avvicinamento, quale sia il suo parere sull’argomento per quanto riguarda la nostra regione.
«La politica del nostro tempo, piaccia o no, si deve confrontare con due fattori fondamentali – spiega Procacci -: una diversa partecipazione politica, che si esprime in larga parte con la proliferazione di liste civiche (che ormai corrispondono al 70% delle liste di centro sinistra), e il leaderismo dall’altro lato».
Prendere atto dell’esistenza delle civiche «non significa gradirle o incentivarle ma prendere semplicemente atto che la democrazia, oggi, si esprime anche in questa maniera. Come purtroppo bisogna rendersi conto che, pur avendo il miglior partito alle spalle, senza un leader forte e credibile, difficilmente si ottiene consenso. A me personalmente non piace nessuno di questi aspetti, ma così funziona oggi il flusso del consenso e chi vuole pensare e agire politicamente non può non tenerne conto. In queste dinamiche ovviamente occorre innervare una politica virtuosa finalizzata al bene comune».
«Alcune liste – specifica – nascono da un civismo vero, da valori intellettuali e cultura politica, altre soltanto da un sentimento di risentimento; altre ancora sono costruite attorno a una sola figura emergente oppure nascono alla vigilia delle elezioni come un vagone per entrare direttamente in consiglio. E questo si nota dai voti conseguiti che sono la mera somma delle singole preferenze espresse per ciascun candidato. Per questi motivi accade spesso di non trovare idee, identità e progettualità, ma solo gruppi di persone che presto si disgregheranno», conclude.
Quindi cosa dovrebbe fare davanti a questa realtà un partito che voglia riprendere una interazione forte con la società del nostro tempo?
«Deve assolutamente cercare il dialogo. Un partito nazionale, come il Partito Democratico, nasce già da statuto per essere una casa aperta e far sì che il mondo esterno possa contribuire, dall’interno, alla crescita e alla rivitalizzazione continua del partito. E se questo passa dalle liste civiche, ben venga: potrebbe essere il momento giusto per consentire loro di concorrere ed incidere anche nella politica sovra comunale», risponde Procacci.
«Qualora questo non fosse possibile, e le liste civiche volessero mantenere la loro identità, si possono ipotizzare delle federazioni di liste con il partito, con modalità da condividere, così da creare dialogo, crescita e partecipazione, a cominciare dalla istituzione di circoli tematici nei quali è più facile stare insieme. Il PD non deve sentirle come una minaccia, ma come un’opportunità, utile ad allargare la partecipazione, prendendo sempre più coscienza che il partito democratico è nato (ne sono stato tra i fondatori) non per essere uno dei tanti partiti, ma per dare a tutti i democratici italiani una casa ricca di idee e sensibilità diverse ma allo stesso tempo disciplinata da regole precise che consentano la sintesi. Questa credo sia la strada che il PD dovrà intraprendere, non solo per allargare il proprio consenso, bensì per accrescere la cittadinanza politica piena in un paese in cui spesso si pensa che per garantire la democrazia è sufficiente l’esercizio del voto».
Nella direzione regionale del Partito Democratico tenutasi ieri a Bari passa la linea proposta da Giovanni Procacci sull’ apertura del partito al dialogo con le liste civiche.
L’ultima consultazione politica ha riguardato più di 9 milioni di elettori e sono stati 111 i Comuni richiamati al ballottaggio, 22 capoluoghi di provincia e 89 comuni al di sopra di 15 mila abitanti.
In molti casi si sono determinate situazioni rischiose per il centrosinistra, tanto che due ballottaggi su sei avevano tra le fila candidati sostenuti da liste civiche tendenzialmente di sinistra.
Una proliferazione di civismo o soltanto una forma di protesta e sfiducia verso la classica composizione dei partiti, che sembrano ormai lontani dal modo di fare politica oggi?
Potranno mai convivere i due modi di approcciarsi alla res publica?
Ma il risultato dei ballottaggi in Puglia, in controtendenza rispetto al resto dell’Italia, ha dimostrato che il metodo instaurato da Emiliano di dialogare con le formazioni oltre il PD, è risultato vincente e produttivo.
Persino Matteo Renzi ed Andrea Orlando hanno ritenuto auspicabile un dialogo con il mondo del civismo.
Perciò abbiamo chiesto a Giovanni Procacci, che da tempo sostiene questo avvicinamento, quale sia il suo parere sull’argomento per quanto riguarda la nostra regione.
«La politica del nostro tempo, piaccia o no, si deve confrontare con due fattori fondamentali – spiega Procacci -: una diversa partecipazione politica, che si esprime in larga parte con la proliferazione di liste civiche (che ormai corrispondono al 70% delle liste di centro sinistra), e il leaderismo dall’altro lato».
Prendere atto dell’esistenza delle civiche «non significa gradirle o incentivarle ma prendere semplicemente atto che la democrazia, oggi, si esprime anche in questa maniera. Come purtroppo bisogna rendersi conto che, pur avendo il miglior partito alle spalle, senza un leader forte e credibile, difficilmente si ottiene consenso. A me personalmente non piace nessuno di questi aspetti, ma così funziona oggi il flusso del consenso e chi vuole pensare e agire politicamente non può non tenerne conto. In queste dinamiche ovviamente occorre innervare una politica virtuosa finalizzata al bene comune».
«Alcune liste – specifica – nascono da un civismo vero, da valori intellettuali e cultura politica, altre soltanto da un sentimento di risentimento; altre ancora sono costruite attorno a una sola figura emergente oppure nascono alla vigilia delle elezioni come un vagone per entrare direttamente in consiglio. E questo si nota dai voti conseguiti che sono la mera somma delle singole preferenze espresse per ciascun candidato. Per questi motivi accade spesso di non trovare idee, identità e progettualità, ma solo gruppi di persone che presto si disgregheranno», conclude.
Quindi cosa dovrebbe fare davanti a questa realtà un partito che voglia riprendere una interazione forte con la società del nostro tempo?
«Deve assolutamente cercare il dialogo. Un partito nazionale, come il Partito Democratico, nasce già da statuto per essere una casa aperta e far sì che il mondo esterno possa contribuire, dall’interno, alla crescita e alla rivitalizzazione continua del partito. E se questo passa dalle liste civiche, ben venga: potrebbe essere il momento giusto per consentire loro di concorrere ed incidere anche nella politica sovra comunale», risponde Procacci.
«Qualora questo non fosse possibile, e le liste civiche volessero mantenere la loro identità, si possono ipotizzare delle federazioni di liste con il partito, con modalità da condividere, così da creare dialogo, crescita e partecipazione, a cominciare dalla istituzione di circoli tematici nei quali è più facile stare insieme. Il PD non deve sentirle come una minaccia, ma come un’opportunità, utile ad allargare la partecipazione, prendendo sempre più coscienza che il partito democratico è nato (ne sono stato tra i fondatori) non per essere uno dei tanti partiti, ma per dare a tutti i democratici italiani una casa ricca di idee e sensibilità diverse ma allo stesso tempo disciplinata da regole precise che consentano la sintesi. Questa credo sia la strada che il PD dovrà intraprendere, non solo per allargare il proprio consenso, bensì per accrescere la cittadinanza politica piena in un paese in cui spesso si pensa che per garantire la democrazia è sufficiente l’esercizio del voto».