DI CHLOE BAVARO
Quando Albert Einstein e Charlie Chaplin si incontrarono alla prima de “Le luci della città”, il pubblico iniziò ad applaudire entrambi. “Mi applaudono perché mi capiscono tutti, applaudono te perché non ti capisce nessuno”, dichiarò Chaplin.
Quest’interazione tra due geni racchiude perfettamente il rapporto tra la fisica e il cinema di cui si sono occupati i relatori della terza serata di sApericena – la cultura a piccoli morsi, che ha avuto luogo nei Giardini Pensili del Museo Diocesano di Bitonto lo scorso venerdì 19 luglio.
Nei loro interventi, Antonello Pellecchia, assegnista di ricerca all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e Marilù Ursi, giornalista e critica cinematografica e teatrale, hanno trovato delle connessioni tra queste due discipline che, nell’immaginario collettivo, sono agli antipodi.
“Chaplin lo capivano tutti perché assecondava il desiderio di vedere. Quello che pensava Einstein, invece, era nella sua testa: non aveva modo di tirarlo fuori in immagini”. Antonello Pellecchia introduce così il problema principale della fisica: spesso si considera solo come un insieme di formule e grafici incomprensibili, che non favoriscono la necessità umana di osservare. Si sono però fatti dei passi avanti, che il ricercatore ci racconta portando come esempi due dei principali aspetti che la fisica spiega: l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, elettroni e buchi neri.
Oltre a non avere una dimensione, gli elettroni si muovono così velocemente da non avere una posizione, caratteristica che li rende rappresentabili sotto forma di nuvole, che indicano la probabilità che l’elettrone si trovi in un punto o in un altro, e ciò sembra dare l’idea che la fisica si possa vedere solo in maniera confusa.
In realtà, spiega Antonello, si può addirittura fare un video del volo degli elettroni: serve una tecnologia diversa, che scatti foto alla velocità di queste particelle (un attosecondo, un trilionesimo del secondo). Questo è ciò che è stato fatto negli anni ’70, da un gruppo di fisici che hanno iniziato i loro esperimenti con i laser, perfezionati nel 2023.
D’altro canto, il problema del fotografare i buchi neri, caratterizzati dall’essere pesantissimi e dal non emettere luce, è la loro grandezza: secondo una serie di calcoli, per poter fare una foto a questi oggetti galattici, creati da una stella ricchissima collassata su se stessa, servirebbe un telescopio grande quanto tutta la Terra.
“Fare una foto ad un buco nero sarebbe come cercare di fotografare una mela situata sulla superficie lunare” sottolinea il relatore. Anche in questo caso, però, gli scienziati sono riusciti a venire incontro alla necessità umana di osservare: nel 2017 viene creato l’Event Horizon Telescope che, con 8 stazioni di radiotelescopi con una decina di metri di diametro ciascuno, situate attorno al globo, ha scattato la prima foto del buco nero al centro della Via Lattea.
Ad oggi, grazie alle evoluzioni della fisica nelle rappresentazioni visive, raffigurazioni puntuali dei suoi fenomeni sono ritrovabili in molti prodotti mediali fruiti dal grande pubblico: Interstellar, film di Cristopher Nolan, con la sua immagine ultra realistica di un buco nero, ne è l’esempio perfetto.
Interstellar non è però l’unico film di Nolan menzionato durante la serata: partendo da Oppenheimer, campione di incassi, Marilù Ursi ci ha raccontato le influenze che la fisica contemporanea ha avuto su noti registi. “Tutti i miei tentativi di adattare i fondamenti teorici della fisica fallirono completamente. Era come se ci fosse mancata la terra sotto i piedi e non si vedesse nessun punto fermo su cui costruire”: con le parole di Einstein, la critica cinematografica evidenzia lo spaesamento davanti alla scoperta scientifica, che ritroviamo appunto in Oppenheimer.
È come se, con l’evolversi della scienza, fossero esplosi e ridotti in frantumi dei punti chiave della società: questa frantumazione ha influenzato anche gli artisti.
In pellicole come Memento (Christopher Nolan) o Twin Peaks (David Lynch) si possono identificare rotture e sovrapposizioni dello spazio – tempo che molto probabilmente non sarebbero mai venute in mente ai rispettivi registi senza le scoperte della fisica sull’Orizzonte degli Eventi, luogo tipico di un buco nero oltre il quale i concetti di spazio e tempo perdono di senso.
Chaplin lo capivano tutti, Einstein non lo capiva nessuno.
Ad oggi, però, si può prendere lo strumento visivo e trasportarlo nel mondo della fisica: in un mondo fatto di cinque sensi, si può iniziare a pensare di vedere rappresentati anche l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. E forse, così, Einstein lo capiscono in molti di più.