«Il Novecento non è un secolo breve. Anzi, è lungo».
A dirlo è il professor Piero Bevilacqua, prolifico storico dell’età contemporanea, intervenuto nei giorni scorsi a Bitonto per aprire il convegno nazionale di studi “Bitonto e la Puglia nella prima metà del Novecento”, organizzato dal Centro Ricerche di Storia e Arte.
Per Bevilacqua, dunque, la “durata” del ventesimo secolo non sarebbe quella indicata da Eric Hobsbawn, che nel suo libro più noto aveva parlato di “secolo breve”, individuandone l’inizio nella Grande Guerra e la fine nella caduta dell’Unione Sovietica, per evidenziare come gli avvenimenti più importanti fossero racchiusi in un periodo inferiore ai classici cento anni.
«È lungo per il numero dei mutamenti radicali che, nei cento anni del ‘900, si sono svolti, non solo rispetto ai secoli, ma rispetto ai millenni precedenti. Non c’è un altro secolo che, nei suoi cento anni, abbia racchiuso tanti altri cambiamenti radicali» spiega Bevilacqua: «Basti pensare alle due guerre mondiali, al mutamento di rapporti tra uomo e ambiente. Nel ‘900 emergono squilibri ambientali mai avvenuti in passato. Non solo fenomeni di inquinamento, ma fenomeni di alterazioni gravi degli equilibri naturali, degli ecosistemi. Assistiamo al fenomeno del cambiamento climatico che rischia di compromettere la sopravvivenza del genere umano. Ci sono anche fenomeni positivi, come la Rivoluzione russa del 1917 che cambia molti equilibri. Nasce il primo stato operaio e contadino della storia, con gli ultimi che si ribellano e arrivano ai vertici del potere politico. Una rivoluzione che, anche ha avuto molti risvolti positivi, come l’aver aiutato i paesi del cosiddetto Terzo Mondo a liberarsi dalla dominazione coloniale, l’aver creato partiti comunisti e socialisti che hanno condotto politiche di riforma dello stato sociale. L’esempio più rilevante è quello dei partiti comunisti in Italia e in Francia, che hanno dato un forte contributo alla modernizzazione e dato slancio al processo di rinnovamento e modernizzazione dell’Europa».
Ma, purtroppo, del Novecento ci portiamo dietro anche i suoi risvolti negativi: «Ci portiamo dietro l’attitudine alla guerra dell’Europa, che era nata da un progetto di pace, e l’alterazione dell’ambiente che si aggrava sempre di più».
Nel corso del suo lungo intervento, Bevilacqua ha affrontato diversi temi, come ad esempio la differenza tra il giudizio giornalistico e il giudizio degli storici sugli eventi: «Il giudizio giornalistico è basato su informazioni generali e spesso generiche, Quello degli storici su studi che talvolta durano anni».
«Con la caduta dell’Urss si è diffusa una lettura dell’esperienza sovietica come di un unico errore» è l’esempio dello storico: «La storia non si valuta così. Non c’è una vittoria o una sconfitta come fosse una partita di calcio. Nella storia non si perde nulla, ma tutto si trasforma. La Rivoluzione russa ha avuto effetti mondiali lungo tutto il secolo. Come l’aver modernizzato la struttura feudale della Russia. O l’aver indotto importanti riforme agrarie negli altri stati, nel timore dell’espansione del bolscevismo».
Il Novecento è il secolo in cui «per la prima volta, almeno in Occidente, scompaiono le carestie, quei fenomeni periodici che falcidiavano la popolazione quando per due o tre annate i raccolti erano scarsi. Inizia l’età dell’abbondanza. Almeno in Occidente, perché nel resto del mondo si soffre ancora la fame» continua lo storico, raccontando l’avvio della società dei consumi e il successo economico italiano del cosiddetto “trentennio glorioso”: «Forse per la prima volta sin dall’Unità d’Italia, il gap tra Nord e Sud si è ridotto, perché anche il meridione vive il miracolo economico. Anche se nuove povertà nascono».
«È il secolo in cui della nascita di nuove tecnologie, dalla radio alla televisione, fino all’avvento di internet» spiega, evidenziando come questa vera e propria rivoluzione in campo comunicativo abbia comportato una sorta di unificazione globale dell’umanità: «Assistiamo oggi a qualcosa che non era mai avvenuta prima. Qualcosa di cui non possiamo andare fieri. La possibilità di osservare in tempo reale il massacro in corso a Gaza. Impotenti e disperati. Questo non esisteva prima. Non si conoscevano tanti massacri che pure avvenivano. Noi oggi siamo spettatori, anche degli orrori più atroci di cui l’umanità è capace».
«Internet consente il trasferimento istantaneo di enormi patrimoni finanziari. Assistiamo a delocalizzazioni, perdita di industrie» continua, etichettando l’avvento del neoliberismo «l’ultima pestilenza ideologica del Novecento, dopo il nazismo. Nel neoliberismo c’è un’esaltazione esasperata del mercato che esalta il più forte, condannando a soccombere il più debole. Come in una guerra».
«Ringrazio gli organizzatori dell’evento– conclude -, perché è un evento culturale di rilievo che si svolge del Mezzogiorno, dove chi fa cultura ha difficoltà maggiori rispetto al resto d’Italia. È importante perché mette la storia al centro delle riflessioni sulla nostra storia. E la storia è fondamentale per capire il presente, orientarsi e non vivere il proprio tempo come ciechi, brancolando nel buio. Solo la storia può metterci nelle condizioni di prevedere il futuro».