Nasceva il 5 agosto del 1938 Gaetano Avena, per tutti Tanino.
Poeta raffinato e ricercato, animo riottoso e polemico, ci manca tanto.
Ricordo Tanino con una dolcezza che si mescola alla malinconia. Era un uomo di profondi contrasti, in cui la poesia scorreva come un fiume impetuoso, capace di scavare nelle profondità dell’anima e portare alla luce verità nascoste.
Ogni discussione con lui era un confronto vivace, a volte aspro, ma sempre illuminante. Tanino non era tipo da accettare il conformismo e la sua mente ribelle cercava sempre nuove prospettive, nuovi angoli di verità da esplorare.
Le sue letture erano una finestra sul suo mondo interiore, un mondo fatto anche di tormento. La poesia, per lui, era una compagna fedele, un’ancora di salvezza in un mare in tempesta, ma anche un’arma affilata con cui sfidare il mondo.
Arricchirsi di nuove sfumature di senso era il significato profondo della nostra amicizia, almeno per me di sicuro. Ci si sentiva spesso anche d’estate, in occasione di questa ricorrenza e poi del suo vicino onomastico, tuttavia i silenzi erano la tela bianca perfetta, il ‘luogo’ attraverso cui esprimere l’ineffabile.
Silenzi anche dal vivo, silenzi che si avvertivano, dopo una vita (la sua) di interventi ‘rumorosi’ e certo non di mutismo.
Silenzi a casa sua, quando ogni pausa lasciava spazio ad una e mille riflessioni ed io che sbirciavo nella sua biblioteca, approfittando di quell’aura gravida di contenuto solo apparentemente inespresso.
Sento il peso della sua assenza e forse, se è vero che Tanino non si ‘sente’ più, pure lo si continua ad avvertire, proprio come accadeva in quei momenti che ora abitano nel cuore.
Una luce che brilla eterna nell’infinito mare della memoria.
Ciao, poeta.