Un annus horribilis. O admirabilis?
L’iscrizione di ‘Nicolaus magister et sacerdos’ collocata sotto il lettorino dell’ambone nella cattedrale di Bitonto riporta una data: 1229. Si tratta di un anno importante nella storia perché è quello in cui si conclude la Sesta Crociata, che Frederico di Svevia fu costretto ad organizzare su pressione del Papa Gregorio IX. Il quale gliela impose prepotentemente nella non tanto segreta speranza che l’ imperatore /rivale morisse “gloriosamente” nel combattere gli “infedeli”. Speranza destinata a non realizzarsi perché lo Svevo, nel giro di qualche mese, concluse la sua spedizione in Terrasanta siglando un accordo diplomatico col sultano Malik – al Kamil: i cristiani avrebbero potuto visitare in tutta sicurezza i luoghi santi e lui, Frederico, si proclamò re di Gerusalemme.
Il pontefice andò su tutte le furie e sobillò le città dell’Apulia contro il sovrano, al quale, quando sbarcò a Brindisi, ai primi di giugno del 1229, si presentò una situazione geopolitica molto precaria, che però già a settembre dello stesso anno egli ricondusse sotto il suo stretto controllo con una feroce repressione. Di cui furono vittime illustri Bari, Taranto, Foggia nell’estate di quell’annus horribilis, il 1229, appunto, come ricorda l’anonimo autore dell’Itinerarium Frederici, un poemetto, che, però, non cita mai Bitonto come città ribelle all’imperatore.
L’assenza, pressoché certa, di Bitonto fra le città ribelli del 1229 è importante perché inficia la tesi avanzata da H. M. Schaller, altro autorevole studioso tedesco, che, in uno studio pubblicato nel 1960 dedicato alla” concezione imperiale di Frederico II”, identifica nelle quattro figure umane del bassorilievo la famiglia regale sveva al gran completo (Frederico II incluso). La sua ipotesi si basa su quella data, 1229, all’estate della quale egli riconduce una probabile ribellione di Bitonto a Frederico. Infatti, a dire dello Schaller, Bitonto, subito dopo, pentitasi amaramente della sua ribellione, si sarebbe riscattata celebrando l’imperatore svevo in un bassorilievo da esporre in Cattedrale come ammenda e con un elogio pubblico tenuto da un certo Nicolaus, che Nicola Pice ha dimostrato non essere stato recitato in presenza dell’imperatore né avere rapporti con il pluteo in questione. Risulta strano, però, che una città, ribellatasi a giugno, dedichi nel settembre dello stesso anno 1229 un bassorilievo ed un intervento celebrativi del sovrano cui s’era appena ribellata…
Ma risulta ancor più strano che le insegne della regalità (trono, corona dentellata, scettro gigliato), presenti nel nostro bassorilievo, non appartengano alla figura in cui lo studioso tedesco identifica Frederico II, cioè la seconda in alto a destra, ma a quella seduta, la prima in basso, a sinistra. Tuttavia, quand’anche fosse come ipotizza lo Schaller, il 1229 è, al più, la data (di completamento) dell’ambone ma non del “suo” bassorilievo, del quale nessuno parla prima del 1860, come abbiamo già ricordato.
Quindi, siamo indotti a credere che quelli rappresentati nella nostra lastra non possano essere i principi della casata Sveva. Del resto, gli abiti dei personaggi, la loro fisionomia molto abbozzata e la lavorazione del manufatto lapideo sembrano databili ad un secolo prima (il XII). Inoltre, il fatto che nel bassorilievo le figure incoronate siano due, e non tutt’e quattro quelle rappresentate come dovrebbe essere per dei principi regnanti, e l’iconografia ufficiale di Frederico, che amava farsi rappresentare con abiti sfarzosi ed in pose autorevoli, non certo con un mantello ed una tunichetta stretta da una borchia come nella nostra scena, confermerebbero che non si tratti degli esponenti della dinastia sveva.
In ultimo, ci sia concessa una considerazione: il 1229 citato nell’iscrizione posta sotto l’ambone non fu un annus horribilis, per Bitonto, come crede lo Schaller, ma un annus admirabilis, considerato lo sforzo artistico che impegnò tutta la Città nell’arredare molto decorosamente un “monumentum aere perennius”, “più duraturo del bronzo”, per dirla con Orazio: la Cattedrale.