Chi conosce la bitontina Angela De Leo sa bene che la sua più grande
vocazione -ancor prima che posare parole sui fogli bianchi – è insegnare.
Vale a dire,
quasi secondo etimo,segnare in profondità il suo interlocutore, scavare tra i sassi del cuore per
ritrovarvi la linfa vitale.
Anche il suo ultimo romanzo, La via delle vedove, conferma questa vocatio: sono pagine che non finiscono nel limbo del
dimenticatoio, ma hanno
la forza di restare benpresenti dinanzi alla coscienza,
per invitarla a pensare e a “ripensarsi”.
Il libro accompagna il lettore in un viaggio a ritroso nella storia del secolo
scorso e nei suoi
cambiamenti epocali, setacciati dagli occhi delle protagoniste, con una
particolare attenzione agli anni Cinquanta e Sessanta.
Ma è anche un
viaggio nel Salento,
nella struggente “Terra del rimorso”, come ebbe a ribattezzarla lo studioso Ernesto De Martino, dove vivono donne imbruttite nel
corpo e nell’anima da mariti incapaci di guardare al di là dei loro seni e da una vita che non ha saputo
essere all’altezza
dei sogni.
Donne che, però, alla fine
trovano la forza di rinascere, in quell’eterno ritorno che è la vita, affidando alla pioggia il
compito di portarsi via il rimpianto di
quello che avrebbe potuto essere e non è stato: “Sapore di tempi andati. Noi vogliamo, dobbiamo andare avanti. Dobbiamo,
capisci? Ombrello o non ombrello, mia incorreggibile acchiappanuvole.
Arcobaleno o non arcobaleno”.
Dunque, l’autrice ha innanzitutto affidato a quest’opera i ricordi della sua giovinezza, intrecciando scorci della terra del sole, canzonette, impressioni di un tempo ormai perduto e di cui non resta altro
che un nostalgico ricordo nelle menti di chi l’ha vissuto.
“Ogni estate andavo
nel Salento a
trascorrere le vacanze. Lì era ancora più evidente che da noi lo stato di queste donne molto severe, che
difficilmente sorridevano ai loro uomini e ai loro bambini. Io me le portavo dentro, mi
portavo dentro le loro
storie. Dovevo necessariamente
parlare di quel mondo, che da un parate mi incuriosiva e dall’altra mi spaventava perché erano soprattutto vite colme di dolore”, ha spiegato la scrittrice in un incontro organizzato venerdì scorso presso il Salotto
Letterario in collaborazione con il Da Bitonto.
A dialogare con lei, il direttore del Dabitonto.com Mario Sicolo e il presidente dell’Ordine dei giornalisti Valentino Losito, dopo un’introduzione
del professor Nicola Pice.
Tuttavia, nell’opera suadente, accanto
alla componente autobiografica, non mancano orme di suggestioni profonde derivate dagli scrittori
Vittorio Bodini e
Alberto Bevilacqua e dai
pittori Nicola Parisi e Anselm Kiefer, dando vita a un mosaico in cui realtà e sogno si armonizzano, fino a sublimarsi e a diventare storia collettiva.
Motivo per cui, con “La via delle vedove”, Angela De Leo riesce
a parlare ai cuori di tutti
– soprattutto dei giovani, che
devono fare i conti con un paese in macerie subdolamente invisibili – di luce, di
rinascita e di ricostruzione.