DI ANGELA ANIELLO
Mi ha molto colpito la silloge “L’aria intorno alle altalene”, pubblicata da Bertoni Editore, di Marco Brogi, giornalista, autore di testi di canzoni ma soprattutto artista della parola. L’aria intorno alle altalene si arricchisce di viaggi di memoria, di oscillazioni fra il passato e il presente affidando, come scrive nella prefazione Bruno Mohorovic, “alla salita verso il cielo il bene rappresentato da una dichiarazione di amore alla scrittura che fiorisce nei campi”. Molto bella anche la dedica all’autore del cantautore e chitarrista Mario Castelnuovo: “Marco, che semini mine noviolente, mine di marzapane, di lucciole che illuminano i cantoni, i retrobottega, le absidi delle chiese solitarie, e delle donne”.
La poesia di Marco fiorisce perché ha necessità di fiorire, rifuggendo l’inconsistenza; allora la farfalla può ballare sulla foglia, la grazia può posarsi su ogni cosa e il mattino imbarca gesti consueti ma preziosi: la liturgia del mettersi le ciabatte, l’offrirsi volontari anche se si trema, insomma la “vita è una strana persona e conviverci è un atto d’amore”. Marco scrive perché ama a prescindere e con “gli avanzi dei sogni si potrebbe sognare un paese intero”: c’è una continua dialettica col tempo, che muta le cose, è invadente.
Cosa fare, dunque, per sopravvivere? Dinanzi all’incompiuto e al biglietto del futuro l’amore non sarà mai sfrattato: forse è proprio questa la risposta, nel tentativo di essere quasi felice, di non perdere i nomi anche se ci si sente orfani di qualcosa, di resistere, così come tiene il tetto quando piove. L’autore sceglie di schierarsi dalla parte dei vinti, della semplicità di un podere dove i suoi nonni facevano l’amore, dell’illusione di lasciare un segno nell’aria che inventa nuovi alfabeti. “Qual è la verità?” pare chiedere al lettore nei suoi versi.
La verità la raccontano le cose e ogni cosa racconta una cosa diversa e la verità non è mai la stessa, però esiste una certezza: quella degli affetti che non passano ma restano tra giravolte di rondini. Il profumo del sugo della domenica, la vestaglia marina della madre, la piantumazione di semi a forma di lettere per non far seccare il giardino delle parole nel dolore. E se l’azzurro fosse un filo d’amore? Se si potesse cucire per riattaccare le assenze? Il basilico continuerà ad annaffiare le ombre, gli aquiloni andranno in linea con le rotaie del tempo, il firmamento tutto avrà il suono del vento. Si può morire più volte, si può risorgere sulla bocca di una ragazza, si può restare in attesa di qualcosa imparando dai muri sbrecciati, dalle stelle che insegnano a splendere, dalla Poesia che non è di chi la scrive.
Le preghiere, l’intercapedine della notte, il rigirarsi nel letto del tempo: ci sarà sempre un desiderio da disegnare, un sogno da sognare, una scintilla che possa cambiare il destino. L’importante è galleggiare nel sole, oltre la nebbia! Consiglio vivamente la lettura di questi versi per salire, come fosse la prima volta, sulle spalle di un inizio.