Le “cazzate” tra gli amici, le pulsioni giovanili, i conflitti adolescenziali con madre e padre, la noia di paesi che poco hanno da offrire poco divertimento. E, ancora, l’arrangiarsi con la misera paghetta dei genitori, le delusioni e le illusioni per ragazze irraggiungibili, l’amicizia e le strade diverse che separano con il tempo gli amici. Se si dovesse chiedere a chi è nato tra gli anni ’80 e i ’90 quale musica assocerebbe a tutto ciò, molto probabilmente, da parte di tanti, la risposta sarebbe: “Quella degli 883 e di Max Pezzali”.
Il cantante di Pavia, infatti, ha cantato l’adolescenza anni ’90. E lo ha fatto, nei giorni scorsi, anche nel Palaflorio di Bari, che il 9 e il 10 maggio, è stato tappa del suo tour “Max30”, che ripercorre la trentennale carriera del cantante. Rimettendo indietro le lancette del tempo, Pezzali ha riportato i tanti fan a prima della diffusione del web, quando non c’era Google Maps ed era necessario consultare una mappa cartacea per raggiungere una lontana festa con tipe in “tacco alto e gonna corta” da far ballare per tutta la notte. E bastava un piccolo errore di lettura per “andare a fanculo”.
Ha cantato l’adolescenza di ragazzi nati in piccoli paesi di provincia con “due discoteche, centosei farmacie”, che, prima dell’arrivo dell’euro, dovevano accontentarsi di un deca (termine che nel gergo giovanile dell’epoca indicava la banconota da 10mila lire) che “non ci basta neanche in pizzeria”.
E, ancora, ha raccontato l’amicizia e l’amore nelle sue declinazioni. Quello deluso, quello inaspettato dopo tante avventure, quello per “la più bella ma impossibile” e quello contrastato dalla “regola dell’amico” che “non sbaglia mai”.
Senza dimenticare le delusioni della vita, i tradimenti del tempo che va, la nostalgia per i momenti passati con gli amici negli anni di “che belli erano i film”, negli anni d’oro del grande Real, “di Happy days e di Ralph Malph”, delle immense compagnie, dei Roy Rogers come jeans. Gli anni di “qualsiasi cosa fai, tranquillo siam qui noi”.
Ha cantato, infine, quel demone chiamato droga, che tante anime rubava e continua a rubare tutt’ora.
Immancabili, ovviamente, la cultura pop anni ’80 e ’90, con i suoi simboli che sono ricorrenti nella discografia dell’artista. Una cavalcata di trenta anni, dunque, in un grande, collettivo e commovente karaoke, insieme ai suoi compagni di palco: Davide Ferrario alla chitarra e alle tastiere, Giordano Colombo alla batteria, Giorgio Mastrocola alle chitarre, Lorenzo Polli al basso ed Ernesto Ghezzi alle tastiere.
A fare da cornice alle due ore e mezza di musica, quattro grandi schermi, su cui sono andate in scena graphic stories, scene live dal palco, riferimenti alla cultura pop, con cactus danzanti per “Nord Sud Ovest Est” e reti fiammanti per quella che è una delle sue canzoni più famose: “Hanno ucciso l’uomo ragno”.