“Il restauro costituisce il momento
metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica
e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua
trasmissione al futuro’’. Grazie ad uno studio attento del pensiero di Cesare
Brandi, fondatore della teoria del restauro e grazie alle competenze acquisite
in tre anni, presso la Facoltà di Scienze dei Beni Culturali dell’Università
degli studi di Bari “Aldo Moro”, noi, due ragazze mosse da forte passione per
la storia dell’arte, siamo riuscite a cogliere al meglio la bellezza di uno dei
palazzi storici bitontini più importanti Palazzo de Lerma, che affianca la
Cattedrale, ha attirato sin da subito la nostra attenzione, sia per la sua
“istanza estetica’’, sia per la sua attuale condizione di degrado, che ha
determinato la nostra scelta per la realizzazione di un ipotetico progetto di
restauro, assegnatoci dalla docente di Storia e tecnica del restauro
architettonico, la professoressa Angela Diceglie.
I De Lerma erano una
potentissima famiglia proveniente dalla Spagna, originaria di “Lerma”, città
vicina a Burgos già capitale del Regno di Castiglia, che giunge a Bitonto nel
1565 dove era registrata tra i nobili fuori piazza. Occuparono numerosi posti
di rilievo sia nella vita civile sia in quella ecclesiastica con l’arciprete
Don Girolamo De Lerma (1647). Nello stesso periodo in cui fu eretto il palazzo
fu realizzata una torre fuori la città: “Torre de Lerma”, trasformatasi in una
vasta azienda agricola.
Affinché
il restauro sia valido, bisogna recuperare informazioni sulla genesi del
palazzo e sull’ambiente circostante. Abbiamo compiuto delle ricerche in campo
storico urbanistico riguardanti la città di Bitonto, soffermandoci maggiormente
sulle trasformazioni nei secoli, dell’edificio stesso. Di fondamentale
importanza per lo studio, sono state le notizie ricavate dalla biblioteca
comunale “Eustachio Rogadeo’’ e da un condomino del palazzo, il signor Tommaso
Caldarola, che ci ha permesso di visitare l’interno ed anche un appartamento
dello stabile.
Il
palazzo si erge fra l’ex ospedale di S. Nicola, che attraverso la Loggia Carafa
si congiunge alla Cattedrale e la Chiesetta di Santa Maria Della Misericordia.
Attraverso le nostre ricerche, abbiamo potuto studiare l’evoluzione del palazzo
nelle sue due fasi storiche, quella medievale e quella sei-settecentesca. Il palazzo ha inglobato nel corso del tempo
abitazioni e locali attigui, come le carceri maschili e femminili (locali in
via della Speranza, che per l’appunto prendeva il nome di “via delle carceri”)
e l’area che un tempo era adibita alla servitù.Fu edificato tra il 1648 e il
1678 dall’ arciprete Don Girolamo De Lerma che aveva comprato questo terreno,
utilizzato come magazzini pubblici e alloggi dei soldati.
La
tradizione vuole che una delle colonne poste all’interno del Palazzo sia
considerata come tavola di salvezza per chi fosse inseguito o ricercato dagli
agenti della legge. Si estendeva, quindi, il diritto d’asilo oltre che al
“chiancheto” ed alla cattedrale anche all’edificio che la affiancava.
In maniera
ossimorica possiamo definire il palazzo “splendido e decadente’’.
Le
linee rinascimentali del bugnato classico toscano a corsi paralleli rivestono
l’esterno e il maestoso portale. La facciata austera e solenne si divide in due
piani. Il primo piano, caratterizzato da slanciate finestre su cornici
marcapiano sormontate da un timpano a cornice spezzata.
Il secondo piano, con altre quattro porte-finestre presenta un timpano a
‘’baffetti’’. Nel ‘700 le finestre, secondo la moda corrente, sono state
trasformate in balconi mistilinei poggianti su gattoni, infine, un ricco
cornicione con pinnacoli corona il fronte. Il portale si presenta in stile classicheggiante,
incorniciato da due paraste a bugnato liscio che sorreggono un fregio
costituito da metope e triglifi. Il prospetto, ora secondario su via Speranza è
caratterizzato da un portale ormai murato con semicolonne bugnate in stile
identico a quello principale.
Il
palazzo oltre a raccontare attraverso le sue mura la propria storia, ne
racconta un’altra, quella della chiesetta della Misericordia che nel 1905 fu
abbattuta per dar maggior visibilità alla facciata della maestosa Cattedrale
bitontina. Ne è testimonianza l’antico portale della chiesetta addossato alla
torre del Palazzo de Lerma, che presenta ancora un timpano ed una cuspide con
all’interno un bassorilievo della pietà e sulla cuspide la raffigurazione del
Volto Santo. La chiesetta è stata costruita da parte dei bitontini per
ringraziare la Madonna dopo un lungo periodo di siccità e ciò è testimoniato
sulla parte sommitale del portale, dove si legge un’iscrizione con dedica alla
Vergine, alla quale si chiede il dono dell’acqua. Le nostre ricerche sin da
subito si sono soffermate sulla torrettasituata ad est, che sembrava non
appartenere al palazzo: Con il suo asse decentrato e con l’utilizzo di finto
bugnato, diverso dalla facciata, ed a causa di diverse manomissioni per
trasformazioni interne ed esterne, come la demolizione nella seconda metà del
novecento del “Belvedere” posto al culmine, la torretta sembrava discostarsi e
differenziarsi dal corpo dell’edificio. In realtà non abbiamo ottenuto
rilevanti informazione sull’evoluzione di questa porzione dell’edificio e
abbiamo ipotizzato erroneamente che si trattasse della torre campanaria della
Chiesetta della Misericordia, ipotesi smentita dalla fortuita scoperta di una
foto inedita dove si denota un campanile a vela sulla facciata della chiesetta.
La nostra seconda ipotesi, per ora quella definitiva, fa capo ad una probabile
demolizione di una torretta originaria ed alla ricostruzione di essa in
successivi anni.
Quello che abbiamo appreso analizzando questa
difficile situazione è che il lavoro dello storico dell’arte è un po’ come
quello dell’investigatore; bisogna ricercare delle informazioni e delle prove
che ricostruiscano la verità, la verità storica dell’edificio o dell’opera
d’arte in esame per poter procedere ad un lavoro di restauro consono e
calzante, che ne rispetti la storia e che ne permetta un’integrale trasmissione
alle generazioni future.
Purtroppo sul palazzo sono evidenti gravi patologie di
degrado, segni dello scorrere del tempo che ne deturpano la bellezza. Ne è un
esempio la crosta nera che si stanzia su tutta la facciata principale coprendo
il bugnato rinascimentale e l’attecchimento di piante infestanti che si
inseriscono nelle fessure del palazzo.
In conclusione, quello che ci preme affermare è che il
nostro atto di riconoscimento dell’opera non è da considerarsi individuale
bensì universale. Anche Palazzo de Lerma è un’importante pagina storica e
artistica della città di Bitonto e merita un accurato restauro per conservare e
valorizzare, garantendo alle generazioni future l’autenticità e la bellezza di
una qualsiasi opera d’arte.