DI ROSANNA PROCACCI
Il terzo appuntamento del seminario Accuratamente – Decliniamo la cura educativa ha avuto luogo lunedì scorso presso la Libreria Secopstore di Corato, con un tema che ha lasciato i partecipanti emotivamente coinvolti: “Come fili da riannodare – la gestione del conflitto”
Dopo l’ascolto, tanto silenzioso quanto coinvolgente di un brano tratto da “Nostro padre” di Ljiljana Habjanovic Djurovic, edito da Secop Edizioni, con traduzione e adattamento di Angela De Leo, in cui si evince il dramma famigliare che la bambina protagonista vive a causa della mancata comunicazione tra i genitori separati, Raffaella Leone ha introdotto il tema dell’incontro.
Dopo i due appuntamenti precedenti, ora è necessario imparare a gestire un conflitto, inteso come rottura della comunicazione tra più individui, in genere legati da forti legami che ormai hanno visto il loro declino. Per aver CURA della MENTE, bisogna rinnovare l’alleanza con se stessi, prendersi cura in primis di se stessi, per poi essere in grado di prendersi cura degli altri. Occorre il sostegno della mente, per creare un’educazione permanente che consenta di ritrovarsi, riscoprirsi.
La dottoressa Gabriella Basile, educatrice socio pedagogica, dell’Associazione Culturale FOS, ha spiegato la differenza tra conflitto, che consiste in un momento di contrasto o scontro della relazione che può essere gestito e risolto, e la violenza, che genera la guerra, causando un danno irreversibile, che porta all’identificazione tra persona e problematica e alla risoluzione unilaterale del problema, fino alla distruzione della relazione.
Oggi diventa sempre più difficile gestire i conflitti, in quanto la vita frenetica da’ sempre meno opportunità di dialogo, per cui relazioni come quelle padre- figlia, alcune volte, si ricreano, si recuperano in una maniera “spirituale”, come dopo la morte. “ Un filo di lana rosso” di Raffaella Leone, edito Secop, è nato proprio così: per descrivere un rapporto che si mantiene in equilibrio proprio grazie alla ricerca della giusta distanza tra i due personaggi i quali, legati da un filo di lana rosso che si spezza continuamente, imparano a modulare il loro rapporto proprio grazie alla giusta distanza e al continuo riannodarsi del filo dopo dopo le continue rotture.
Così le relazioni tra persone possono diventare fili invisibili che non si spezzano più.
La prof.ssa Angela Balzotti, psicologa e professoressa universitaria, ci ha raccontato un esempio di caso clinico da lei trattato, che ha reso evidente l’importanza dello studio del setting famigliare per comprendere e quindi gestire il conflitto che una ragazza viveva all’interno del nucleo famigliare, fino al risanamento dei rapporti all’interno della famiglia stessa e al “riannodamento “ dei fili dei rapporti interfamigliari.
Ciò che sembra irraggiungibile, irrisolvibile, può vedere la sua soluzione se si segue una cura, una educazione continua emotiva e delle relazioni, senza timore che qualcuno ci aiuti a conoscerci.
Maria Sforza, assistente sociale, ha incantato i presenti con la sua testimonianza di vita, in parte riversata nel suo libro “Aspetterò che sia giorno”, che è una raccolta di poesie che costituiscono un pezzo di autobiografia. Lei ha portato un oggetto a lei particolarmente caro: il suo arcolaio, che le ha insegnato sin da bambina la capacità di dipanare le matasse, quindi le situazioni problematiche, partendo dalla matassa, fino al gomitolo, fino a nuove potenzialità di stare al mondo. Anche il conflitto intra-psichico può essere risolto, passando da una situazione problematica o da uno stallo fino alla soluzione, che può passare anche dalla scrittura autobiografica: la penna può diventare strumento ed occasione per riflettere su se stessi, sulla trama della nostra esistenza, cercando creatività in ogni cambiamento, in ogni momento di trasformazione. Con capacità di autocritica, gestione dinamica della propria esistenza, e giusta autostima si può raggiungere la soluzione del conflitto intrapsichico.
La dottoressa Silvana Mangano, medico psicoterapeuta, ha delineato ancora di più le logiche che sono all’ origine del male che poi può portare alla violenza, che sembra quindi una inevitabile risposta e una inconsapevole silenziosa forma di rassegnazione e complicità. Sembra che si ritorni indietro al cervello arcaico, retiliano, che vede tra le sue basi la violenza e la proiezione sull’altro. Il messaggio rimane comunque positivo: abbiamo squilibri da sanare, non conflitti; è possibile migliorare la conoscenza della realtà e ,come in un corpo umano le cellule sono solidali tra loro, così gli uomini possono comunicare, fare silenzio per comprendere, osservare e diventare frequenze energetiche che solidarizzano per un presente ed un futuro migliore. Ai giovani dovremmo porre più domande piuttosto che fornire risposte, dovremmo invitarli a porre attenzione alle tante verità che potrebbero celare la morte, la distruzione, l’errore. Rimane fondamentale comunque adoperarsi per un futuro di pace.
Raffaella ha concluso con l’episodio della sua giornata lavorativa da insegnante: alla sua richiesta dell’invenzione di una favola che raccontasse la nascita delle lucciole, un bambino speciale ha inventato l’evento come un iniziale conflitto tra la luna e degli insetti fastidiosi notturni. Lo sciame degli insetti rispondono alla supremazia della luna smontando la stessa e riuscendo a prendere da essa uno spiraglio di luce da custodire nella coda, diventando portatori di luce, lucciole, quindi.
Facciamoci anche noi portatori di luce nella gestione dei nostri conflitti quotidiani, affinché si possano riannodare quei fili che incomprensioni e sofferenze hanno creato tra noi e in noi.