Le lezioni di cinema del Bari International Film Festival sono state accomunate da un grande
respiro internazionale, un tuffo nella storia, nei ricordi e nell’esperienza di
chi ha fatto grande la settima arte nel mondo, senza dimenticare i due colossi
a cui è stato dedicato il festival: l’arte cupa e visionaria di Friz Lang e il cinema d’impegno e passione
civile di Francesco Rosi, scomparso il
10 gennaio scorso.
Il primo a ripercorrere la sua carriera il 22 marzo è
stato Alan Parker, regista
britannico: «Ho diretto tanti film in
vita mia – racconta – ma quello che
ho amato di più è stato “The commitments”, la mattina non vedevo l’ora di
andare a girare». Parte nel racconto dal duro e controverso “Fuga da
mezzanotte” – proiettato in sala – per spiegare il suo continuo viaggio nei
generi diversi del cinema: dal musical, alla commedia, passando per il dramma
fino ad approdare alle passione che ora lo tengono vivo come la scrittura e la pittura.
Parla del suo amore per il cinema italiano tra ricordi
e formazione artistica invece, Jean Jacques
Annaud: «Sono venuto in Puglia quando ho diretto “Il nome della rosa” (Umberto Eco, ndr) e ho sempre provato
immenso fascino per Castel del Monte che è stato da ispirazione per il romanzo».
La terza giornata del Bif&st si è aperta con i ricordi
d’infanzia, fino al trasferimento in Francia all’inizio della sua carriera del
regista greco Costa Gavras
«I migliori collaboratori di un regista sono
gli attori– confessa Gavras – perché
sono loro che portano la storia al pubblico». E poi parla delle sue opere
ricche di impegno e denuncia: «I film politici per me sono stati sempre
un modo per indagare la realtà, il potere, le relazioni tra gli uomini»
Tra i film presi in esame il controverso “Amen”
che denuncia il silenzio della Chiesa sui crimini nazisti.
Uno sguardo meno sognante ma tutto dedicato ai giovani
quello del presidente del Bif&st e regista Ettore Scola: «Allo stesso
modo in cui noi viviamo questo momento di grave crisi, anche il cinema è in
crisi, però i giovani ci sono e quindi faranno il loro dovere». E li esorta: «Voi avete l’energia e l’entusiasmo per
cambiare questo Paese che oggi è così difficile da amare ».
Si dice
affaticato Scola ma non toglie nulla all’ironia e allo sguardo acuto con cui
analizza la realtà e i capolavori della sua carriera: «I riconoscimenti più belli? La lettera di un ragazzo che aveva trovato
il coraggio di confessare la propria omosessualità al padre dopo aver visto l’interpretazione
di Marcello Mastroianni in “Una
giornata particolare” e poi la risata di Totò dopo aver letto una mia battuta: fu
per me veramente un Oscar».
Andrzej Wajda,
regista polacco, è partito da una storia personale ma universale, una delle
pagine più buie della storia slava: «Ho
deciso di raccontare il massacro dei 20mila prigionieri polacchi, in gran parte
ufficiali, nella primavera dl 1940 da parte dell’armata rossa, perché tra le
vittime c’era mio padre e ho vissuto la sofferenza di mia madre, il dolore dell’assenza,
la difficoltà di capire cosa fosse davvero accaduto»
«Un tabù – dice Wajda -, per anni negato dalle autorità sovietiche”.
Un viaggio nella cultura, nel tempo, nell’anima di un popolo».
Dai lavori sperimentali, ai successi di “Heimat”, imponente saga famigliare
capace di raccontare lo spirito di un Paese partendo da un piccolo villaggio
della Germania, il regista tedesco Edgar
Reitz, ha portato al Petruzzelli la sua “storia senza fine”, un progetto portato avanti per trent’anni, un
racconto epico ad episodi di 50 ore in cui le vicende dei personaggi si
intrecciano con la storia del ‘900.
Un ritorno a casa per la connazionale Margarethe von Trotta, ormai abitudinaria
del Festival barese che con leggerezza ed ironia ha accompagnato il pubblico in
un viaggio tra le sue opere.
Focus sul film della Trotta “Anni di piombo” che le valse il Leone d’Oro a Venezia nel 1981: «”Anni
di piombo” non solo per il terrorismo – spiega la regista – ma per l’atmosfera cupa della Germania del
dopoguerra quando si doveva dimenticare quella tragedia e noi giovani non sapevamo
nulla del nostro passato».
Tra i tanti ospiti anche il regista Giuseppe Tornatore presente per il
tributo a Francesco Rosi: «Quello che
amo di questo Festival è la grande partecipazione del pubblico – confessa -. Una partecipazione interessata e
intelligente anche da parte di chi il cinema non lo fa e non lo vuole fare, ma
che partecipa a questi eventi con la curiosità di chi forse cerca nel nostro mondo
e nella storia del cinema, forse, una chiave di confronto, un supporto,
rispetto anche a mestieri che con il cinema non c’entrano nulla».
La settima edizione del Bif&st che si terrà dal
2 al 9 aprile 2016. Il festival sarà dedicato a Marcello
Mastroianni – a 20 anni dalla scomparsa – e sarà fondamentalmente
orientato, nelle sue diverse componenti, ad illustrare l’arte, il talento, il
lavoro degli attori e delle attrici.
Foto: Stefano Gallo – Ettore Scola durante la sua lezione di cinema.