Adolfo Rollo fu tra i pochi importanti rappresentanti della scultura sacra del ‘900 italiano. Barese di nascita, fu autore di numerose opere non solo in Puglia, ma anche in Italia e persino in Brasile, dove approfondì le sue conoscenze frequentando corsi di anatomia a Rio de Janeiro, corsi che gli sarebbero poi stati utili per perfezionare lo studio del corpo umano e acquisire una maggiore padronanza nella rappresentazione plastica e figurativa, che fu il nucleo centrale della sua arte.
Tra le sue opere abbiamo anche una decina di portali in bronzo, tra cui quello della Basilica dei Santi Medici.
L’autore Tommaso Adriano Galiani ha ricordato l’artista nel libro “Adolfo Rollo (1898-1985) Il persistente ritorno all’ordine”, presentato ieri al Museo De Palo Ungaro. Un incontro in cui si è parlato delle sue opere, dei suoi riferimenti all’arte del suo tempo e non solo, del suo rapporto con il Fascismo e con la fede. E dell’opera bitontina, il portale della Basilica dei Santi Medici, i cui pannelli sono stati spiegati dal professor Nicola Pice.
Fu uno dei pochi rappresentanti importanti dell’arte sacra del ‘900, insieme a Giacomo Manzù e Floriano Bodini, ha sottolineato il giornalista Marino Pagano, ricordando come tra il XIX e il XX secolo ci sia stata prevalenza di opere devozionali e di scarso valore artistico, in quanto hanno predominato temi laici.
«Rollo fu etichettato come un artista pugliese, ma tanti studi hanno sottolineato la sua valenza internazionale. E non solo per il suo soggiorno in Brasile, per la presenza di alcune suo opere nel paese sudamericano, ma per i suoi riferimenti» ha ricordato l’autore, ricordando anche l’influenza che hanno avuto su di lui diverse correnti artistiche nel tempo e nello spazio, come l’arte italiana del ‘400: «Si definiva un artista artigiano. Aveva la capacità di notare e cogliere i particolari di quel che vedeva per poi riutilizzarli nelle sue opere».
E sul rapporto con l’arte fascista, ha ricordato come essa influenzò certamente le sue opere, «ma non per scelta ideologica».
Tanto che per fuggire dal fascismo, oltre che per affrontare un suo percorso di riflessione, si rifugiò in convento, come ricordato anche dal professor Leonardo Lestingi, nipote di Rollo, che ha descritto la dimensione privata dell’autore: «Era misantropo, non amava la folla, nonostante la sua grande sensibilità. Non andava neanche all’inaugurazione delle sue opere e spesso si firmava. A Bitonto, all’inaugurazione della Basilica, non c’era».
Particolare era il suo rapporto con la fede, ha ricordato ancora Lestingi, evidenziando che non amava molto la figura dei santi, tanto che si rifiutò di fare una scultura di Padre Pio che gli era stata commissionata, preferenso scolpire Cristo. Un rapporto descritto anche in una delle sue opera presenti a Giovinazzo, in cui esortò a mettere da parte i «santi miracolisti» e a rivolgerci direttamente a Gesù, senza intermediazioni.